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08 dic 2015

A Parigi si discute del Clima

di Luciano Caveri

In queste ore - in una blindatissima Parigi, ma ciò non ha impedito a qualche deficiente di violare quel luogo simbolico, dopo gli attentati, che è la Place de la République - si apre "Cop21", la ventunesima conferenza annuale delle parti, l'organo della "Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici" ("Unfccc - United Nations framework convention on climate change") e ciò avviene in un anno, il 2015, dai record di calore. Il tema risultava assai specialistico al suo esordio nel 1995, ma poi si è affermato sempre di più in modo diffuso su almeno una parte di opinione pubblica, cosciente degli esiti disastrosi del riscaldamento globale. Se è vero infatti che il clima sulla Terra è sempre mutato per ragioni che non ci sono ancora del tutto chiare, questa volta ad incidere pesantemente ci siamo noi esseri umani con i nostri comportamenti. La conferenza nella Capitale francese ha il compito di portare avanti i negoziati - con accordi più restrittivi rispetto alle sole buone intenzioni - per cercare di contenere e ridurre le emissioni di CO2 in atmosfera e contrastare così il riscaldamento globale e i cambiamenti climatici.

Incredibile è il fatto che, diversamente dal passato, a pochi mesi dall'appuntamento la questione dell'impatto sulle zone montane fosse finito nel dimenticatoio e questo era grave anche per la piccola Valle d'Aosta, regione alpina che si troverà a vivere cambiamenti profondi, che potrebbero diventare tragici se non si mette la marcia indietro. La litania è ben nota: scioglimento dei ghiacciai e del permafrost, diminuzione della biodiversità con piante e specie animali che scompaiono, aumento dei disastri naturali come frane e valanghe con zone sempre più a rischio. «Soltanto nell'ultimo round di negoziazioni, tenutosi a Bonn dal 19 al 23 ottobre, è apparso un riferimento ai piccoli Stati montuosi in via di sviluppo come gruppo di Paesi particolarmente vulnerabili al cambiamento climatico», ha spiegato qualche settimana fa la mia amica Rosalaura Romeo di "Mountain Partnership", l'alleanza tra 262 soggetti, tra cui 56 governi, nata nel 2002 sotto l'egida della Fao per il miglioramento della vita delle popolazioni e la protezione degli ecosistemi montani di tutto il mondo. Di fronte alla scarsa attenzione riservata alla montagna nel percorso verso Parigi, l'organizzazione aveva lanciato a settembre una petizione on line con lo scopo di richiamare l’attenzione sull'importanza di questi territori, perché vengano inclusi nelle negoziazioni e siano poi destinatari di politiche e investimenti adeguati sul fronte dell'azione per il clima. Risorse necessarie sulle Alpi, così come nei Paesi in via di sviluppo, dove la povertà e persino la fame incombono. L'esito della raccolta firme è stato positivo ed il Parlamento italiano ha sensibilizzato il Governo. Vedremo ora come andranno i lavori a Parigi e quale spazio avranno i territori montani. Resta la sgradevole impressione che a livello internazionale - dopo la punta di attenzione con l'"Anno internazionale delle Montagne 2001", di cui mi occupai diffusamente come presidente del Comitato italiano - l'attenzione sia scesa sotto il livello di guardia. Pensando alla posta in gioco, l'esempio della "disattenzione" in vista del "Cop21" dovrebbe suonare come un allarme. Chi si occupa delle politiche della montagna corre spesso il rischio di inseguire troppo i mille rivoli dei tanti problemi minuti, spesso sulla spinta umanissima di questioni che possono avere - mi riferisco agli eletti in cariche politiche - ricadute positive in termini elettorali, ma il rischio è quello di perdere di vista le priorità assolute e indifferibili, come i cambiamenti climatici che possono stravolgere il volto delle montagne e la vita dei suoi abitanti e di chi - pensiamo alle riserve d'acqua - anche in pianura dipende dall'alpe.