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12 dic 2015

Alle regionali francesi deborda il Front National

di Luciano Caveri

Ovvio che mi occupi oggi del primo turno delle elezioni regionali in Francia, atteso appuntamento elettorale, perché importante per le future e decisive presidenziali francesi previste per il 2017. Ma ciò indica un vento che soffia in Europa, dalle molte e contraddittorie caratteristiche e quella principale, assai istruttiva, è la crisi dei partiti tradizionali, cui si accompagna l'inquietante affermarsi di partiti personalisti e pure a gestione familiare... Malgrado alcuni giornali francesi oggi titolino "Le choc", nessuno in può dirsi davvero stupito dell'esito del Front National quale primo partito come dato nazionale e dell'accoppiata Le Pen: zia Marine, che spopola al Nord, e la giovane nipote Marion, che troneggia in quella Provence-Alpes-Côte d'Azur, che appartiene all'Euroregione "Alp-Med", di cui fa parte anche la Valle d'Aosta.

Questa crescita dell'estrema destra - in testa in sei Regioni - era già ben visibile e le recenti vicende degli attentati islamici a Parigi hanno dato una spinta decisiva. Il secondo turno ci dirà se si tratta di un elemento passeggero o se il FN ed i suoi esponenti faranno il botto anche in vista dell'Eliseo fra due anni. Per la prima volta si votava con la sconsiderata riforma che ha accorpato alcune Regioni fra loro, facendole scendere da ventidue a tredici. In un quadro di un regionalismo transalpino che resta assai debole dal punto di vista istituzionale e non c'è da stupirsene in una Nazione giacobina per storia e imprinting. Chi cercò anzitempo di dare una virata regionalista - bene ricordarlo! - fu il Presidente Charles De Gaulle con un referendum che fallì nel 1969 e "le Général" si dimise e dunque le prime elezioni per le neonate Regioni giunsero solo nel 1986 e dopo trent'anni vita solo la metà degli aventi diritto e l'astensionismo è ormai un punto fermo delle democrazie occidentali. Comunque sia, ricordo in premessa la nuova geografia. A rimanere invariate sono state solo sei: Ile-de-France, Provence-Alpes-Côte d'Azur, Bretagne, Pays de la Loire, Centre e Corse. Sono state fuse forzatamente da Parigi e per ora, in attesa di una nuova denominazione, si sono accorpate le dizioni esistenti: Rhône-Alpes e Auvergne, Aquitaine, Limousin e Poitou-Charentes. E ancora Nord-Pas-de-Calais e la Picardie, Alsace, Lorraine e Champagne-Ardenne, Midi-Pyrénées e Languedoc-Roussillon. Accorpate infine Bourgogne e Franche Comté, Haute-Normandie e Basse-Normandie. Solo per fare un caso a noi ben chiaro le due Savoie speravano che questo allargamento della Regione cui appartengono avrebbe, come contraltare, consentito la fusione dei due Dipartimenti, facendone uno solo con maggior autonomia. Più o meno lo stesso lo speravano gli alsaziani. Niente da fare: si trovano ora meno importanti in Regioni ancora più grandi. Un grave errore quello francese, che purtroppo viene usato in Italia da chi accarezza la follia macroregionale. Ma dicevamo del voto all'inizio e ci ritorno alla fine. Che il lepenismo, fenomeno complesso che prende il via dal discusso decano della famiglia, Jean-Marie Le Pen (ai ferri corti con la figlia ma non con la nipote...), sia saldamente ancorato all'estrema destra e abbia radici neofasciste è nella storia del movimento, che oggi gioca di più su di un terreno apparentemente moderato con un armamentario populista, che cavalca problemi di crisi economica con un antieuropeismo viscerale e paure di un mondo che cambia e ora in particolare - ne accennavo nelle prime righe - sa sfruttare le tragedie frutto dell'islamismo radicale. Si tratta di un fenomeno da non banalizzare, ma neppure da considerare come se nulla fosse e soprattutto mi permetto di osservare che non c'è nulla di peggio, nel rapporto con gli elettori, che usare certe geremiadi che finiscono per dare loro dei cretini. Sarà interessante capire come la politica francese e poi gli elettori - sempre loro perché questo è il caposaldo della democrazia - reagiranno in vista del secondo turno, quello decisivo nel sistema elettorale alla francese. Peserà se gli astensionisti andranno o no alle urne e molto dipenderà - tolte molte manfrine nelle dichiarazioni ufficiali - da come i partiti "tradizionali" (il "front républicain") giocheranno la carta delle alleanze, a seconda dell'utilità strategica Regione per Regione.