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09 nov 2015

Il paradosso del lupo

di Luciano Caveri

In Francia e in Svizzera, dove il lupo è tornato, come nel Nord Italia, se al lupo scappa... "la mano" e si mette a fare strage di greggi semplicemente gli sparano. E se al lupo solitario si aggiunge la sommatoria di un gruppo di lupi, cioè un branco, allora la preoccupazione sale ancora di più, in attesa che qualche montanaro o turista rischi di fare qualche brutto incontro in spregio a chi ripete che questo predatore è buonissimo... Da noi in Italia - per i lupi e non per gli allevatori - siamo nel "Paese del Bengodi", dove a leggere il "Piano lupi" ancora in bozza c'è da restare abbastanza stupiti, anche perché nessun valdostano fa parte del gruppo di esperti designati per la sua realizzazione e non figura neppure il Parco del Gran Paradiso (ma c'è un rappresentante, lo giuro, di Roma Capitale, forse per via della lupa di Romolo e Remo...). Eppure, guardando la cartina, i lupi da noi e ai nostri confini, non solo nazionali, ci sono, eccome!

D'altra parte fra rappresentanti di parchi e riserve, associazioni varie e accademici i "pro lupo" sono in larghissima maggioranza e le Regioni - che si trovano sulle barricate - sono in larga minoranza. Questo ha portato ad un documento che è del tutto sbilanciato, come ha avuto modo di segnalare Mariano Allocco, montanaro occitano che da anni segue la questione con impegno e diligenza. Cosa risulta dal documento? Intanto che in Italia, Alpi comprese e non solo nell'originario Appennino, il lupo è "in una fase di rapida espansione", che nel documento è segnalato con grande giubilo e ciò non stupisce visti i fondi comunitari impiegati per il lupo con il famoso "WolfAlp", struttura che con i soldi "Life" sul lupo ci campa. Che i fondi pubblici ci siano e abbondanti lo si vede bene dal sito lifewolfalps.eu: consultatelo e stupitevi. Quel che colpisce sono - segnalate da Allocco - alcune esaltazioni del lupo come competitore del cinghiale, il cui ruolo infestate è chiaro come l'acqua di fonte, ma anche affermazioni sul venir meno di certe pratiche di pascolo del tutto storiche in zona alpina per evitare le... aggressioni del lupo. Cioè l'allevamento tradizionale deve piegarsi ai desiderata del predatore per evitargli di avere troppa acquolina in bocca. La sostanza è «mantenere, in coesistenza con l'uomo, popolazioni vitali di questa specie come parte integrante degli ecosistemi e del paesaggio». Non dovrebbe essere «mantenere la presenza umana in montagna, in coesistenza con il lupo?». Non si nota una logica lupocentrica paradossale? C'è poi la parte, giuridicamente micragnosa, su come applicare quella parte di "Direttiva Habitat" che consente di poter sparare al lupo se dannoso o pericoloso (semplifico per evitare commi e codicilli). Ed è quanto in Francia e in Svizzera si fa, respingendo anche tutti i ricorsi presso la Giustizia fatti da certi animalisti. Ma da noi, invece, si evince dalla lettura che la strada per lo sparo sarebbe lunga e forse impraticabile, certamente impopolare in un mondo cittadino nel quale il "lupo cattivo", rappresentazione grottesca delle favole, è diventato quasi un essere angelicato, che contrapposto al rozzo montanaro (bracconiere) vince la partita con l'opinione pubblica disinformata ad arte. A me il ritorno del lupo va bene, ci mancherebbe altro: lo trovo un animale bellissimo. Ma ci dev'essere certezza del diritto sui limiti alla predazione e sui possibili rischi, e bisogna di conseguenza che il legislatore se ne faccia carico, fornendo regole chiare per evitare di lasciare il campo ad "Azzeccagarbugli" ed a "Cappuccetti Rossi" pentiti. Altrimenti una parte residua della montagna abitata da chi pratica antichi allevamenti di bestiame è destinata a scomparire e si commuoverà solo chi conosce l'importanza della loro presenza arcaica. Strano mondo quello in cui viviamo, troppo spesso fatto ormai alla rovescia.