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09 nov 2015

La magia delle neve, vera e artificiale

di Luciano Caveri

Non ci crede nessuno quando racconto di anni pionieristici dello sci e che al "Crest" di Champoluc, ad Ayas andavo a sciare "ai Morti". Eppure è così: capitava anche di iniziare la stagione a quote bassissime al "Casset", sotto la severa fortezza di Verrès, facendo faticose scalette per poi godersi una piccola discesina. Se allora - direi fine anni Sessanta - mi avessero detto che un giorno ci sarebbe stato l'innevamento artificiale - roba degna di fantascienza solo a pensarci - avrei pensato che si trattasse di una prospettiva pazzesca. Eppure questa neve, manna benedetta per lo sci da quando il turismo invernale è nato, ma con tribolazioni per via dei cambiamenti climatici, affascina non poco. Lo stupore della nevicata e l'osservazione di un fiocco di neve imprigionato in un guanto è qualcosa che mi fa tornare bambino. Ed invece questo fiocco di neve è una cosa ben complicata.

Traggo da un articolo del sito "NoGeoingegneria": «Molti avranno sentito dire che non esistono in natura due fiocchi di neve identici, come non esistono due persone uguali. Ma è vero? Simbolo di unicità irripetibilità e singolarità, i fiocchi di neve sono davvero unici, come lo sono tutti gli esseri viventi, esseri umani compresi. Siamo come i cristalli di ghiaccio che formano i fiocchi di neve, apparentemente uguali ma solo se visti da lontano. La neve è fatta di acqua che è formata da un atomo di ossigeno e due di idrogeno. Questa è la base. La fisica ci dice che due atomi di acqua sono esattamente uguali, ma non è così. In un singolo fiocco di neve ci sono 1.000.000.000.000.000 (mille miliardi, n.d.r.) di molecole disposte in infinite possibili combinazioni che formano disegni sempre diversi. Ma c'è anche un altro aspetto a rendere i fiocchi unici. Durante la loro breve vita ogni fiocco cresce e si sviluppa incontrando condizioni di pressione, umidità e temperatura e nuclei di condensazione diversi dai cristalli vicini e la loro storia, così come il loro sviluppo e crescita, non sarà mai uguale ad un altro». Ma oggi, attesa quella naturale con osservazione moderna delle previsioni del tempo e con esame di tutti i metodi empirici di osservazione della Natura (tipo se i formicai sono "a punta", come dice una mia amica di Cogne, fonte sua nonna), che dovrebbero essere vedette di anni nevosi, ci si concentra su quella artificiale attraverso il sistema dei "cannoni" che creano la neve con artifici meccanici. Gli antesignani di questa neve artificiale furono quelli che studiarono come modificare le nuvole. Scriveva Caterina Visco su "Wired": «Non ha resistito neanche il tempo di scendere dalle nuvole e toccare le colline sottostanti, ma era fredda e bianca come quella vera. Era la prima neve artificiale, caduta sui monti Greylock in Massachussetts il 13 novembre 1946. A creare il prodigio era stato Vincent Schaefer: uno scienziato della "General Electric" che a bordo di un aeroplano aveva seminato le nuvole con alcuni cristalli di ghiaccio secco super raffreddato, riproducendo il naturale meccanismo di formazione della neve». Più avanti si spiega come poi il metodo di operare nel cielo sia stato prudenzialmente abbandonato: «Passato l'entusiasmo iniziale cominciarono a sorgere in seno all'opinione pubblica ed alla comunità scientifica numerose perplessità in merito all'opportunità di interferire con il lavoro di Madre Natura. I possibili guadagni legati alla neve artificiale misero tuttavia presto a tacere ogni dubbio, e nel giro di tre anni quasi ogni stazione sciistica degli Stati Uniti cominciò a sperimentare la neve sintetica. Fu solo nel 1952 però che il primo cannone per neve artificiale, messo a punto da Wayne Pierce, Art Hunt e Dave Richey, entrò in funzione sulle Catskill Mountains nello stato di New York». Pare invece essere in ribasso l'altra tesi, di cui avevo sempre sentito parlare quando mi occupavo di impianti a fune e di innevamento artificiale, e cioè che la neve artificiale fosse nata per sbaglio, negli anni Cinquanta, fa a Lexington in sempre in Massachusetts, nella tenuta dei fratelli Tropeano, originari di Avellino. Durante una notte molto fredda da un impianto per produrre nebbia in un frutteto non uscì vapore acqueo, ma neve. Comunque sia, ormai gli impianti di innevamento, pur energivori e con una grande fame di acqua, sono quelli che salvano il turismo anche in Valle d'Aosta (dove arrivarono nella seconda metà degli anni Ottanta) che pur conta su una rimarchevole altimetria degli impianti a fune principali le stagioni nel caso in cui le cose buttassero male e, alla fine, nessuno in modo credibile è ancora in grado di indicare come sarà davvero dal punto di vista meteo la stagione invernale. Ma quando arriverà vale per me quel che ha scritto l'acadienne Antonine Maillet: «La neige possède ce secret de rendre au cœur en un souffle la joie naïve que les années lui ont impitoyablement arrachée».