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14 ott 2015

Spot discutibili antifumo

di Luciano Caveri

Ho già scritto in passato, ma poi certe ricerche hanno confermato la mia impressione, che il fumo - passato in un periodo nel quale si era verificato una certa remissione del fenomeno - sia ritornato con prepotenza sulla scena, malgrado ormai fumare costi moltissimo e malgrado tutte le campagne di prevenzione, comprese quelle a carattere terrificante. Sembra che ci sia un movimento ellittico che avvicina e allontana dai problemi, come se la memoria fosse corta e necessitasse di continui ripassi. La mia posizione è chiara: sono contro ogni forma di proibizionismo becero, perché chi si vuole informare sa bene tutti i danni del fumo, e sono tollerante con i fumatori educati e, al contrario, imbestialito dai fumatori maleducati. Ancora di recente in un dehors di un locale avrei incenerito una giovane donna che faceva consumare con nonchalanche la sua sigaretta sotto il naso del mio bambino oppure provo imbarazzo per chi, con un neonato in braccio, fuma lo stesso con torsioni che dovrebbero allontanare le volute di fumo.

I dati statistici - che ritengo siano talvolta dubbi perché molti mentono, perché fumare è ormai un disvalore sociale - confermano che Italia, su 52,3 milioni di abitanti con età superiore ai quattordici anni, i fumatori sono circa 10,3 milioni (di cui 6,2 uomini e 4,1 donne) nonostante i rischi siano conosciuti da tutti. In Valle d'Aosta grossomodo una persona su quattro fuma, una seconda persona ha smesso di fumare e due non fumano (anzi un pochino di più, perché sfiorano il 56 per cento). Solo in Italia la sigaretta provoca 83mila vittime l'anno, una vera falcidia. In Europa le vittime del fumo sono ogni anno circa settecentomila, equivalenti alla popolazione di una città come quella di Francoforte. Inoltre sono milioni i cittadini dell'Unione europea che soffrono di malattie correlate al fumo, tra cui cancro, malattie cardiovascolari e respiratorie. Preoccupanti anche i dati sul fumo passivo, che nel mondo è responsabile di 603mila morti premature (28 per cento bambini, 26 per cento uomini e 47 per cento donne). A me, cresciuto in logiche in cui si fumava dappertutto e senza nessuna attenzione, questa storia del fumo passivo mi fa montare la carogna. Il Ministero della Salute, come avviene periodicamente, ha dato vita a una nuova campagna contro il tabagismo dal titolo che dovrebbe colpire e volutamente sgrammaticato «Ma che sei scemo? Il fumo fammale», con tanto di spot video affidato al comico siciliano Nino Frassica, come si denota dal lessico adoperato, scherzoso. A me gli spot e questo slogan «Ma che sei scemo?» non piacciono non perché non sia giusto sdrammatizzare ridendo («Castigat ridendo mores»), quanto perché già l'uso dell'epiteto "scemo" - nella sua carica di parolaccia adoperato spesso a sproposito, genere lo "scemo del paese" - è sbagliato ed il non fumare viene associato anche ad altri comportamenti (trattar mare gli animali, non mettere il casco), scentrando il bersaglio vero. E la verità è che la scemenza (dal verbo "scemare", cioè ridursi della metà) non si presta ad una pubblicità istituzionale, per quanto appunto si sia scelta un'aria svagata e non un approccio di paura e di dati scientifici. L'educazione alla Salute è essenziale, perché in periodo di scarse risorse pubbliche ogni azione di prevenzione argina i costi originati dalle malattie. Ma temo che il ridimensionamento dei finanziamenti pubblici in Sanità - ed in Valle d'Aosta siamo ormai a tagli da capogiro, cui chi si rassegna sbaglia - finisca per nuocere proprio a quelle azioni di informazione e di profilassi che potrebbero dare più soddisfazione e risparmi a monte che i tagli dei servizi con la motosega a valle.