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24 ago 2015

Pensieri sul traforo del Monte Bianco

di Luciano Caveri

E' stato interessante fare una ricerca più approfondita per la trasmissione radio estiva di "RaiVd'A" (che riprenderò per una settima da lunedì prossimo) dedicata, ad inizio luglio, al cinquantenario dall'apertura del Traforo del Monte Bianco assieme all'eclettico intellettuale valdostano Marco Jaccond. Ci conosciamo fin da ragazzi, compresi i primi comuni approcci radiofonici agli albori delle radio libere con "Radio Saint-Vincent" e questo ci ha permesso di lavorare divertendoci con un copione leggero, che consentiva di poter improvvisare al microfono, che è il sale di questo mezzo. Quel tunnel stradale di undici chilometri e seicento metri, da considerarsi di una modernità sconcertante per l'epoca, fu sia un punto d'arrivo che un punto di partenza.

Sono interessanti i filmati dei cinegiornali - quei brevi documentari che veniva trasmessi nei cinema e che morirono per mano dei telegiornali della nascente televisione - che testimoniano come per Italia e Francia quella scelta fosse importante e si va nelle pellicole dagli accordi quasi subito dopo la guerra alle ratifiche dei Parlamenti e poi le testimonianze durante i lavori sino all'apertura al traffico del traforo. Oggi possiamo anche meglio capire, con il vantaggio della prospettiva storica, come per il disegno nascente dell'integrazione comunitaria fossero importanti queste le azioni concrete che avvicinarono i popoli europei molto più di tante teorizzazioni. Sicuramente i due Presidenti presenti al taglio del nastro, Charles de Gaulle (classe 1890) e Giuseppe Saragat (classe 1898), per lo spessore della loro esperienza politica e pur nella diversità degli schieramenti, avevano perfetta coscienza di questo. Rispetto a quell'inizio, credo che ci siano stati due fatti non previsti. Il primo è stato l'aumento che diventò un incubo negli anni Ottanta del traffico di camion: sono pochi - io ne ho rinvenuto solo uno - quelli che avevano previsto che ad un certo punto il tunnel sarebbe stato più importante per il traffico merci che per quello turistico. Questo transito di "Tir" che, a dispetto dei pessimisti, oggi si è assestato e anzi pare destinato a scendere ancora. Il secondo è la pericolosità del traforo senza le adeguate misure di sicurezza, come dimostrato dalla tragedia del 24 marzo 1999, quando un camion prese fuoco fermandosi dentro il tunnel. L'incendio, alimentato dalle materie combustibili presenti nel veicolo, farina e margarina, venne amplificato dall'effetto forno causato dal tunnel e in breve tempo raggiunge enormi proporzioni: i pompieri impiegheranno 53 ore per domarlo. Purtroppo 39 persone morirono carbonizzate e colpisce, nel vedere la storia di ciascuno di loro, verificare come il Caso agì facendoli trovare in quei minuti fatali all'appuntamento con la morte. Da allora, specie con la direttiva sulla sicurezza nei tunnel stradali su cui lavorai al Parlamento europeo, tutto è cambiato in meglio. Lavori imponenti nei tre anni di chiusura consentono oggi elevati livelli di sicurezza, che rendono ridondante quella ipotesi di raddoppio del traforo che periodicamente torna per mano di chi non vedrebbe l'ora di vedere l'enorme torta di lavori di costruzione di questo genere e per questo ha l'acquolina in bocca. Scommettiamo che non manca molto alla riproposizione del progetto con nobilissime motivazioni? Intanto, come utente che è passato ancora ieri sotto il traforo, esprimo qui un'osservazione. Nodale, nella tenuta delle norme di comportamento per evitare guai, è l'interdistanza fra mezzi che dev'essere di almeno 150 metri tra i veicoli in movimento e cento metri tra i veicoli fermi. Sollevai a suo tempo in Consiglio Valle la preoccupazione che non ci fossero modalità di rilevamento probanti e opportunamente certificate, come invece avviene con i radar per la velocità con conseguenti sanzioni per chi violi gli obblighi. Mi venne detto che il dossier era istruito presso le due autorità nazionali. Viaggiando in questi anni lungo il tunnel, ho visto che spesso la distanza di sicurezza non viene rispettata e non ho mai visto all'uscita fermare i trasgressori. Boh!