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26 lug 2015

Dal naso alle onde

di Luciano Caveri

Stavo pensando, in questa oziosa mattina domenicale, che cosa io sappia fare bene, ma che risulti del tutto inutile. La prima cosa che mi è venuta in mente è lo spiccato odorato, immagino in parte collegato al mio naso piuttosto ingombrante. Leggevo a questo proposito una classificazione di odori possibili: acre, aromatico, balsamico, acuto, delicato, dolce, delizioso, crudo, fetido, gradito, fragrante, forte, grato, grave, gentile, inebriante, fastidioso, penetrante, nauseabondo, pessimo, ripugnante, soave, squisito, disgustoso, stomachevole, graveolente, blando, ingrato, violento, ammorbante, rancido, sgradevole, pungente, stagnante, aliaceo, pestilenziale. Manca il fatto, evidente, di come si debba legare un odore ai luoghi e anche alle persone (spesso, per fortuna, un profumo). Ho nella mia memoria mentale parte olfattiva una miriade di odori che mi tornano alla bisogna sul mio nasone e possono portarmi in giro nel passato.

Ha ragione il celebre romanziere Patrick Süskind che nel famoso "Il Profumo" trasforma con un'iperbole i profumi in un caso follia: «Poiché gli uomini potevano chiudere gli occhi davanti alla grandezza, davanti all'orrore, davanti alla bellezza, e turarsi le orecchie davanti a melodie o a parole seducenti. Ma non potevano sottrarsi al profumo». Anche se, almeno in politica, c'è chi vuole prendere per il naso, come avvenuto di recente in Valle d'Aosta, pensando tra l'altro che il potere, come la pecunia, non puzzi in determinate circostanze. Tornando al tema, forse, a ben pensarci, potendo essere l'olfatto una gioia, ma anche l'allerta di un pericolo, mi tocca concludere che non è una valentia inutile, ma ha una serie di possibili utilità. Avrei potuto anche fare il "naso", se ne avessi avuto la chance e mi riferisco a chi per lavoro sceglie i profumi, sapendo miscelare essenze e sostanze, seguendo la sensibilità e l'inventiva del proprio olfatto creativo. Allora una cosa inutile? Questa volta non mi sbaglio: ho una dote inutile, che mi deriva dalla fortuna di lunghe estati marine. Io so "prendere le onde". Capisco che non ha nulla a che fare con il ben più atletico surf, che ho studiato sulle spiagge oceaniche di Biarritz, concludendo che non ho più l'età per fare il principiante. "Prendere le onde", mettendosi steso nell'acqua con posizione a razzo, potrà far sorridere chi non lo ha mai fatto, ad esempio durante una violenta mareggiata. Può anche darsi che oggi, con bandiera rossa, arcigni bagnini impediscano la balneazione. Quando ero bambino e poi ragazzo, vivevamo in un ambiente meno normato e più ruspante, per cui infilarsi fra le onde e affrontare i flutti procellosi era considerato divertente e i genitori non erano apprensivi. Per cui le onde più grandi erano e più ci si divertiva: l'onda va presa nell'attimo immediatamente prima che si infranga e se ci si infila nel posto giusto al momento giusto, sicché si va dritti filati verso la riva. La sfida era appunto quella di andare il più distante possibile verso la riva e, nello scontro con gli amici, vinceva chi meglio "interpretava" l'onda. Per cui, anche senza aspettare la burrasca, quando ho trovato un mare con buon moto ondoso, ho saputo cosa fare, seguendo il susseguirsi delle onde per trovare quella più forte e l'attimo fuggente che consenta alla forza dell'acqua di trascinarmi il più possibile. Chi vede nelle onde solo una monotona e ripetitiva sequenza, sappia che sbaglia. Le onde sono come le persone e quindi diverse le une dalle altre e ciascuna finisce per avere un proprio carattere. Solo l'osservazione e la pratica consentono di capire che certe caratteristiche sono riconoscibili e dunque ci vuole esperienza e pratica (so anche usare la fiocina per la pesca subacquea, ma capisco che è troppo cruento). Lette le cose che sto scrivendo, posso sembrare matto. Ma da sciatore potrei dire della diversità delle nevi o, da lettore, della diversità delle scritture, da politico raccontare tipologie d'umanità. Comunque sia, con le onde vado sul sicuro: so fare una cosa che non serve a niente, se non, quando capita, per il proprio divertimento. E non è così male.