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13 lug 2015

Se l'autonomismo è una maschera

di Luciano Caveri

Viviamo strani tempi, venati di pessimismo e preoccupazioni e, come non mai, bisogna tenere gli occhi aperti ed essere lucidi anche in politica, al limitare della diffidenza. Il rischio di finire in qualche trappola o di abboccare all'amo è quotidiano. Soprattutto pensando che, in certe fasi storiche, ci sono improvvise accelerazioni e cambiamenti repentini, che possono avvenire contando proprio sull'effetto sorpresa. Specie se il terreno è già stato in parte dissodato negli anni. Esiste un'antica saggezza popolare, che spesso adopera espressioni che risultano scherzose nella loro presentazione, ma che hanno tuttavia un nocciolo di verità più profonda. La "Bella di Torriglia" è una figura di donna leggendaria, legata ad un paese situato sulla montagna genovese, che - come recita una celebre filastrocca - «tutti la vogliono, ma nessuno se la piglia» (in moglie). In Liguria rappresentava un modo di dire usato per indicare una donna che, tra una storia e l'altra, non riesce ad accasarsi con l'orizzonte dello zitellaggio. Naturalmente può anche essere traslata nel linguaggio politico.

Mi è infatti venuto in mente l'esempio pensando all'autonomia speciale della Valle d'Aosta. Ed a questo periodo storico in cui in favore dell'autonomia una sorta di coro polifonico sembra cantare all'unisuono. Ma vale la logica di Torriglia e cioè molti fingono un'adesione profonda, ma poi fanno il contrario e in un periodo di debolezza dell'autonomia speciale ci sono due categorie da aborrire. La prima è quella dei finti difensori, che scelgono un'adesione verbale, legata all'evidente interesse di farsi benvolere - a vantaggio proprio e non della comunità - dal vasto elettorato che crede - per adesione profonda o per ragioni emotive - nel particolarismo valdostano. Per cui esiste, come fanno i cultori del "body building" con l'esibizione dei loro muscoli, un'ostentazione dell'"autonomismo doc". Basterebbero dei quiz elementari per vedere quanto ci sia di "vuoto pneumatico" dietro certi atteggiamenti. Peggio ancora è chi, invece, usa l'esibizione di valori autonomistici con la stessa logica del «timeo Danaos et dona ferentes», cioè «temo i Danai (i Greci), anche quando portano doni». Parole che Virgilio (Eneide II, 49) fa pronunciare a Laocoonte, quando vuol dissuadere i Troiani dall'accogliere nella città il cavallo di legno lasciato dai Greci. Qui la storia è più complicata e vale per chi si introduce nella "cittadella dell'Autonomia", fingendosi amico assai generoso con il suo carico di sorrisi, regali e tanti sorrisi e chi di questo atteggiamento furbesco diventa complice per vantaggi e interessi. Si sa che poi dalla pancia del cavallo nottetempo... Certo non esiste un metodo certo per distinguere i sinceri dai fasulli e neppure - per carità - nessuno può autoproclamarsi esaminatori di altri. Ma i comportamenti passati e la coerenza degli atti sono la miglior "cartina di tornasole" per potere capire cosa è avvenuto e come ci si comporterà in futuro.