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06 lug 2015

La riforma degli Statuti delle Speciali

di Luciano Caveri

Nella riforma costituzionale in corso - quella per intenderci che di fatto sopprime il Senato, privandolo di sostanza, e che ridimensiona grandemente il regionalismo con una clausola di "supremazia" dello Stato - è prevista una norma transitoria di salvaguardia per le Speciali. Questa previsione dovrebbe essere - uso il condizionale perché, come scritto ad esempio dal costituzionalista Ugo De Siervo, siamo su un terreno molto pasticciato - la garanzia che le modifiche non verranno applicate alle autonomie differenziate fino all'adeguamento degli Statuti, che deve avvenire con l'intesa (principio per ora valido solo una tantum, per questo passaggio). Malgrado la riforma non sia stata approvata dal Parlamento neppure in prima lettura e sarà di certo sottoposta a referendum (la tabella di marcia del presidente Matteo Renzi lo prevede, se i tempi ci saranno, nella primavera 2016), il sottosegretario agli Affari regionali Gianclaudio Bressa (ottima persona, cui manca da mesi il ministro) ha deciso di far nascere, con il "sì" dei Presidenti delle Regioni a Statuto speciale, una Commissione paritetica che lavorerà alla stesura di un testo per la riforma degli Statuti speciali.

Una scelta extraparlamentare (riferendomi sia al Parlamento italiano che al Consiglio Valle) che lascia abbastanza perplessi, perché certa materia costituzionale deve - mi riferisco agli aspetti istituzionali - passare di certo attraverso le Assemblee elettive e non attraverso una Commissione, le cui nomine paiono appannaggio esclusivo dei Governi (nazionale o regionali). Il paravento alle critiche sarà che si tratta solo di una Commissione tecnica, ma la ritengo ovviamente una spiegazione di comodo, che va in fondo in scia con quella logica di degrado del parlamentarismo, considerato una rottura di scatole nel nome della velocità e dell'efficienza. Quando, invece, si tratta di quella democrazia parlamentare che, almeno in Costituzione, resta ancora vigente, pur calpestata da eccessi personalistici degli Esecutivi. La Giunta regionale - non mi pare facendo esprimere il Consiglio Valle - ha nominato il professor Robert Louvin, certamente assai competente e che, come già avvenuto con la nomina a presidente della "Commissione Paritetica", ormai da tempo ha lasciato il campo delle opposizioni, riavvicinandosi al presidente Augusto Rollandin, una volta suo grande avversario politico. Ma si sa - specie se si dà alle scelte una valenza tecnica e non politica, cosa ovviamente impossibile - che il presidente è da tempo impegnato in operazioni di riavvicinamento di dissidenti per rendere sempre più solida la sua posizione. Di fatto congelato quel tavolo di discussione che avevamo chiamato - con un eccesso di entusiasmo - "Costituente" (unico assente di rilievo alla discussione fu il Partito Democratico valdostano, ma anche lo stesso Louvin aveva declinato cortesemente l'invito ad esserci), perché certe turbolenze politiche hanno di fatto messo molta acqua nella benzina, resta comunque la necessità di riflettere sul tema della riscrittura dello Statuto. Pensando che nel settembre prossimo saranno trascorsi settant'anni dall'emanazione dei documenti fondativi dell'attuale regime autonomistico, vale a dire i Decreti luogotenenziali. Ricordo che 7 settembre 1945, Umberto di Savoia, luogotenente generale del Regno, firmò i due decreti numero 545 "Ordinamento amministrativo della Valle d'Aosta" e numero 546 "Agevolazioni di ordine economico e tributario a favore della Valle d'Aosta". In sintesi: il primo sopprimeva la "Provincia di Aosta", costituiva la circoscrizione autonoma e prevedeva gli organi che la amministreranno. Soprattutto quel Consiglio Valle di venticinque membri, un presidente ed una Giunta di cinque membri; da notare che l'articolo 13 rinvia ad un successivo provvedimento il compito di indicare "le materie che potranno essere disciplinate dal Consiglio della Valle con norme giuridiche proprie, anche in deroga alle leggi vigenti". Il secondo decreto prevedeva la concessione alla Valle d'Aosta per novantanove anni delle acque pubbliche che non abbiano già formato oggetto di riconoscimento di uso o di concessione e analogo provvedimento riguardava le miniere, purché sia la Regione a richiederne esplicitamente l'uso. Va considerato che viene anche istituito il beneficio della "zona franca", da attuarsi con modalità da stabilire con successivo provvedimento, e che ritroveremo nell'articolo 14 dello Statuto speciale. Vi era poi la prima norma sull'ordinamento finanziario. Tra novembre e dicembre 1945 altri decreti integrarono e specificarono i precedenti in diverse ed importanti materie. Seguirà lo Statuto d'autonomia, che darà ulteriore corpo - con rango costituzionale - ad un assetto più solido al nostro ordinamento. Oggi tutto si muove ed è bene attenersi a scelte e procedure condivise il più possibile.