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08 giu 2015

Il Giro, il lupo e i Parchi

di Luciano Caveri

Il transito del "Giro d'Italia" in Valle d'Aosta mi ha molto divertito e trovo che si tratti di una duplice occasione: mette allegria a tutti quelli che vi assistono, come una festa riuscita, e serve come mezzo di promozione turistica, specie se la giornata è, come per fortuna è avvenuto, una straordinaria cartolina delle bellezze alpine esaltata dalle riprese televisive. Quel che mi ha stupito è veder troneggiare alla fine della carovana, chiassosa sfilata di auto e furgoni con aziende di vario genere sponsor del "Giro", un grosso lupo in plastica, nuova mascotte della gara ciclistica. Scopro che c'entra un accordo fra il "Giro" e la grande multinazionale ambientalista "Wwf".

Così trovo la spiegazione sul Web: «Il primo obiettivo della partnership è rendere la "corsa rosa" più sostenibile a livello ambientale. Tramite la collaborazione tra il "Programma europeo delle Alpi - Ealp" e "Giro" l'inevitabile impatto che ogni grande evento sportivo porta con sé sarà significativamente ridotto nell'arco dei prossimi cinque anni. Il secondo obiettivo è la salvaguardia del lupo; oggi il lupo è protetto dalla legge italiana e dalle direttive comunitarie, ma è ancora malvisto da chi vive la sua presenza come una minaccia per le proprie attività. Il "Wwf" si pone da sempre come mediatore con l'obiettivo di facilitare la convivenza tra uomo e lupo attraverso l'organizzazione di incontri a livello locale tra i diversi portatori d'interesse e la fornitura di strumenti adatti, come recinzioni elettrificate e cani da guardiania (cani addestrati per tenere le greggi sotto controllo) per permettere ai pastori di difendere efficacemente le proprie greggi». Non trovo da nessuna parte, ma certo per mia imperizia, i termini economici dell'operazione, tipo chi paga chi per questo eccentrico sodalizio, che "pubblicizza" la questione ritorno del lupo sulle Alpi, che è tema serio e complicato non banalizzabile e la considerazione di operazioni di aiuto caritatevole a quei montanari che vanno persuasi della bontà del ritorno del predatore. Questa operazione si somma ad una discussa vicenda in corso con il progetto chiamato "Life Wolfalps", cofinanziato dall'Unione Europea nell'ambito della programmazione "Life+ 2007 - 2013 Natura e biodiversità", ha l'obiettivo di realizzare azioni coordinate per la conservazione a lungo termine della popolazione alpina di lupo. Fra i diversi partner spiccano i Parchi, che - nazionali o regionali - stanno occupando lentamente porzioni sempre più ampie del territorio alpino con una filosofia ambientalista che sembra porre sempre di più in secondo piano i montanari e i loro problemi, oltreché il sistema delle autonomie locali legittimamente rappresentative. Sto seguendo da distante la polemica sulla nascita del "Parco del Monviso" in Piemonte, su cui il mio amico occitano, Mariano Allocco, ha scritto cose condivisibili sui Parchi: «Nascono nell'Ottocento per salvaguardare prima di tutto una fauna in pericolo di estinzione, il "Parco naturale delle Alpi Marittime" prende origine dalla Riserva Reale di caccia di Valdieri - Entracque, istituita nel 1857 per volere di Vittorio Emanuele II. Il "Parco nazionale del Gran Paradiso" nasce nel 1856 per volere sempre di Vittorio Emanuele II per salvare dall'estinzione lo stambecco, nessuno pensa di metterlo in discussione. Ora perché si propone il "Parco del Monviso"? Cosa è in pericolo? Quale è la specie in via di estinzione? Ormai tutto quassù è diventato Parco, in pericolo di estinzione c'è solo il montanaro e se un Parco va fatto è per salvare questa specie e non altre. A riguardo del "Parco del Monviso", voglio dire subito e chiaramente che non vedo alcuna sua collocazione in un disegno di strategia condivisa o almeno nota per le montagne del Piemonte. Il "Parco del Monviso" è figlio di una ristrutturazione organizzativa dei parchi di tutto il Piemonte finalizzata all'efficienza, alla riduzione delle spese ordinarie di gestione e funzionale ad intercettare finanziamenti europei, dietro non c'è altro che questo. Teniamo conto che a febbraio sono stati impegnati dalla regione fondi propri per 19 milioni di euro per la copertura del costo del personale dei Parchi, cifre che difficilmente potranno essere reperite in futuro. "Primum vivere". Questa è la disarmante motivazione data in tutte le sedi dai rappresentanti regionali che lo stanno imponendo, o almeno ci stanno provando». Poi il passaggio su cui più riflettere su un ambientalismo che non capisce le popolazioni alpine: «I Parchi sono da tempo usciti dal loro mandato istituzionale, da enti strumentali che dovrebbero agire all'interno dei loro confini, sono passati a recitare un ruolo di carattere istituzionale lasciato vacante da coloro che democraticamente sono stati eletti per gestire il territorio e che non lo fanno. Percorso già sperimentato col progetto "Wolfalps", sei milioni e 100mila euro destinati ai Parchi per "favorire e supportare il naturale processo di colonizzazione del lupo... in tutto l'ecosistema alpino, da Ovest ad Est", ma i Parchi non hanno mandato alcuno su tutto l'ecosistema alpino da Est ad Ovest. I Parchi stanno uscendo dal seminato e occupando spazi che solo vent'anni fa non avrebbero neppure sognato di occupare e lo fanno con il beneplacito di istituzioni che stanno abdicando al loro mandato». Che la politica alpina rifletta su questi due casi: il lupo di plastica che diventa il simbolo delle Alpi e le Alpi occupate da Parchi che sono potente gruppo di pressione e diventano sempre più un soggetto decisore politico senza le "rotture" della democrazia elettiva.