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31 mag 2015

La bandiera e la Storia

di Luciano Caveri

La Storia è una brutta bestia da insegnare. Lo sanno bene i bambini delle colonie africane della Francia che, al tempo del colonialismo, imparavano dai sussidiari importati nelle scuole che i loro avi erano i... Galli. La stessa bizzarria vale per il determinismo con cui i libri delle elementari ai tempi in cui ci andavo, spiegavano - senza reale discontinuità con la prosopopea di epoca fascista - che gli italiani di oggi non erano altro che i romani di un tempo e come tali dei grandi conquistatori. Ecco perché quando giustamente si parla di grandi analogie fra la nostra autonomia speciale e quella di Trento e di Bolzano è giusto rimarcare certe assonanze, ma senza mai perdere di vista le differenze del percorso storico e della situazione culturale. Facciamo un esempio tratto dalla cronache di queste ore. In occasione del centenario dell'ingresso in guerra dell'Italia, il 24 maggio, la Presidenza del Consiglio dei ministri ha diramato una nota nella quale si invitano gli Enti pubblici, e quindi anche i Comuni, ad esporre sia la bandiera italiana che quella europea. In Alto Adige - SüdTirol l'ordine di esporre il tricolore non è piaciuto ai rappresentanti di lingua tedesca.

«L'indicazione di Roma di ricordare in questo modo l'inizio del conflitto è incomprensibile e sbagliata», ha detto il governatore Arno Komptascher. «Avremmo - ha aggiunto - invece volentieri seguito un eventuale invito a mettere le bandiere a mezz'asta, che sarebbe stato il modo giusto per ricordare le vittime di questa tragedia». Così poi, alla fine è avvenuto, mitigando un primo rifiuto all'esposizione. L'obmann Svp Philipp Achammer, aveva aggiunto «Visto che il tragico conflitto portò migliaia di morti, sarebbe stato molto meglio omaggiarli con delle corone d'alloro. Questo atto del Governo, di ricordare l'entrata in guerra con l'esposizione della bandiera, ha un simbolismo totalmente incomprensibile. Perché la Grande guerra, per i sudtirolesi, rappresenta una ferita particolarmente dolorosa». Dopo la Provincia autonoma di Bolzano una nuova contestazione alla disposizione di esporre la bandiera italiana il 24 maggio era arrivata dalla Provincia di Trento. «Le bandiere dell'Italia e dell'Europa il 24 maggio le esporremo, ma a mezz’asta - dichiara il presidente Ugo Rossi - perché l'inizio di quella guerra, come di tutte le guerre, è già di per sé una sconfitta per l'umanità e per chi crede nell'ideale della convivenza pacifica». Come un elefante nella cristalleria - ma ormai si esprime su tutto - è intervenuta la Ministra delle Riforme, Maria Elena Boschi: «I morti sono tutti uguali e meritano tutti lo stesso rispetto. Così come sappiamo che in quella regione ci sono sentimenti diversi di intere fasce di popolazione. Del resto non è un caso se il nostro Stato ha riconosciuto al Trentino Alto Adige una forte autonomia. Quindi è giusto fare uno sforzo di comprensione ma anche rivendicare il diritto a pensare che siamo prima di tutto italiani». Basterebbe un buon libro di storia o forse la lettura di interessanti brani sul tema scritti da Emile Chanoux (che invitava i valdostani a prendere esempio, nella difesa del proprio particolarismo linguistico, da sudtirolesi e sloveni) a far capire perché in certe zone si debba andare con i piedi di piombo e già che la Boschi evochi la Regione e non le due Province Autonome fa capire certi problemi di comprensione dei meccanismi istituzionali. Se, infatti, la Valle d'Aosta ha seguito, con un lungo rosario di morti guerra dopo guerra, l'ambizione dei Savoia di diventare Re d'Italia e dunque il tricolore fa parte di una storia comune, ben diverso è quanto è capitato a Trento e Bolzano. Quando ero alla Camera e parlavamo della Grande Guerra, i miei colleghi trentini e sudtirolesi raccontavano quella è che un'evidente banalità: i loro nonni combatterono quella guerra con le truppe austriache. Così come è evidente che oltre a conquistare Trento e la sua popolazione di lingua italiana, l'Italia ottenne l'annessione del territorio del Tirolo del Sud, che era storicamente austriaco e con popolazione di lingua tedesca. Una guerra d'occupazione in piena regola. Quella popolazione fu fin da subito vessata e il peggio arrivò con il Fascismo e anche nel dopoguerra, se non ci fosse stata la garanzia internazionale dell'Austria, l'autonomia sarebbe stata ben diversa dall'attuale. Far finta di niente nel nome «siamo tutti italiani», dimostra che siamo mal messi. Roba da mettere perennemente a mezz'asta la bandiera.