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21 mag 2015

Riflettere sugli eccessi animalisti

di Luciano Caveri

C'è da chiedersi come mai una parte di opinione pubblica si commuova molto di più per la morte di un animale che per quella di esseri umani. Mesi fa ci fu il caso di un'orsa, Daniza, morta in Trentino a causa delle conseguenze di un'iniezione di un narcotico. Raramente sui "social" - su una vicenda di certo dolorosa - c'è stata una campagna così virulenta e persino, a tratti, violenta. Nelle stesse ore, sui soliti barconi nel Mediterraneo, morivano centinaia di persone e lo stesso valeva per certe in guerre in giro per il mondo, ma nulla di altrettanto forte pareva manifestarsi. E' di queste ore, invece, l'uccisione per annegamento del cigno Baldassarre, che avevo visto personalmente più volte, frequentando il Lago Sirio a due passi da Ivrea. L'uccello, noto per il suo carattere irascibile, considerando lo specchio d'acqua come il suo territorio, è stato annegato da uno sportivo che nuotava nel lago e che sostiene di averlo ucciso accidentalmente, perché era stato aggredito dal pennuto. Pagherà per quello che è certamente un reato e una brutalità. E' stato nel Canavese un «apriti cielo», proprio nelle stesse ore in cui la "Olivetti", ormai ridotta al lumicino, annunciava una raffica di licenziamenti.

Amo gli animali e mi riconosco, come premessa, nella frase del celebre etologo, Konrad Lorenz, quando scriveva: «Sarà molto difficile per l'orgoglio umano riconoscere che l'homo sapiens non ha semplicemente qualche interesse per gli animali: lui è un animale!». E tuttavia credo che qualche distinguo sarebbe bene farlo per non cadere in certi paradossi animalisti, che sfociano anche in posizioni estremistiche, che predicano persino la violenza. Ho seguito con stupore, ad esempio, l'accentuarsi da un annetto a questa parte della battaglia di alcuni animalisti contro la tradizionale "Bataille de reines", il combattimento fra bovine, che è caratteristico della Valle d'Aosta e di Vallese e Savoia. L'assunto da cui si parte - lo prendo da una petizione che ricopio tale quale - è questo: "La battaglia delle reines è una brutale ed inutile tradizione che risale al XVII secolo. Secondo i "fans", essa consiste in "un caratteristico combattimento tra mucche gravide, che si affrontano con le corna in modo "incruento" fino all'abbandono del campo da parte di una delle due". In ogni caso, tale disciplina è artificiale, non c'è nulla di naturale, perché organizzato dall'uomo per suo divertimento in clima festoso, e quindi se ne può benissimo fare a meno. Sono combattimenti per far divertire il pubblico, non c'è nulla di naturale perché tale pratica non avviene per volontà degli animali. E' una cosa anche molto diseducativa per i più giovani, che percepiscono il messaggio che sia normale e lecito sfruttare gli animali per puro divertimento. Quando le tradizioni implicano lo sfruttamento e la sofferenza animale, è bene che siano messe nel dimenticatoio: chiediamo che "Les battailles des reines" venga vietata!". Ora, sorvolando sull'italiano incerto, è del tutto evidente che chi scrive non conosce affatto il fenomeno, che qualunque etologo potrebbe illustrare - come è stato fatto - con dovizia di particolari. Le reines sono aggressive già in natura, come mi spiegava con particolari clinici il mio papà veterinario che se ne intendeva di animali. Gli allevatori da tempi immemorabili, sin dall'addomesticamento delle razze bovine autoctone, hanno preso atto di questi combattimenti che avvenivano spontaneamente ed hanno indirizzato questi scontri per nulla forzati. Per cui questi atteggiamenti animalisti finiscono per essere una rappresentazione grottesca di antiche tradizioni, come in questo caso patrimonio profondo della cultura alpina. Esistono ampi margini per occuparsi di questi più serie e, forse, per certe attitudini estremiste di ricentrare la propria vita.