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15 mag 2015

Il silenzio e il "digital free"

di Luciano Caveri

La quotidianità è fatta di abitudini che finiscono per essere come comode ciabatte. Ma, quando guardi ai tuoi comportamenti, ti accorgi quanto le cose cambino, perché tu puoi anche stare fermo, ma il mondo gira vorticosamente attorno a te e neppure tu puoi di conseguenza star fermo. Ed è un bene, a condizione che le nuove abitudini non diventino delle gabbie in cui finisci per essere prigioniero. Fa riflettere Marcelle Auclair: «L'habitude est une forme de l'usure, elle efface les contours de nos plus chères amours, les recouvre d'une poussière sous laquelle nous ne les voyons plus». Avevo già profetizzato in passato che certe zone della Valle d'Aosta potranno un giorno essere, in termini ufficiali, oasi del silenzio. Esistono località davvero tranquille, fuori dai circuiti turistici più famosi e affollati e assolutamente indicate a corrispondere al desiderio di quiete. In un mondo dove il rumore è una costante, che fa sì che il silenzio finisca per farci quasi impressione, ci sono ormai catene di alberghi del silenzio o luoghi che fanno della tranquillità contro il baccano la loro forza nel nome, di conseguenza, del relax. A me, devo dire, l'idea non dispiace affatto: ha un effetto quasi stordente, in senso positivo, la sensazione di cui si può godere in un bosco nelle prime ore del mattino o steso su di un prato di pascolo ad alta quota.

Ci sono luoghi davvero "magici" - penso alla suggestione di alcuni belvedere - che spingono naturalmente al riposo della proprio mente. E' uno dei casi in cui non bisogna rassegnarsi a quel l'espressione profetica di una pubblicità della mia infanzia, con un grande attore con un tavolino posto in mezzo a un traffico caotico di auto, Ernesto Calindri che si beveva un amaro con lo slogan "Contro il logorio della vita moderna". L'altra grande opportunità sono posti che siano "digital free" (l'espressione non esiste, ma penso renda l'idea) e cioè ci consentano di estraniarci per disintossicarci dagli eccessi di connessione che ci impegnano troppo. Oggi la logica multitasking, che ci fa passare da una telefonata a un sms, da una posta elettronica a un'occhiata a "Twitter" o "Facebook" e ad altre interazioni possibili, ci tiene perennemente occupati e sul nostro telefonino o tablet possiamo ascoltare musica, vedere filmati, giocare o visitare app di tutti i generi, leggere o svoltare un libro, sfogliare un giornale o una rivista, persino essere in videoconferenza con l'altro capo del mondo. C'è qualcosa di frenetico, che ci porta a livelli di dipendenza e di stress da tenere sotto controllo. E se oggi cerchiamo in modo ossessivo luoghi di vacanza che ci diano la garanzia di essere in contatto con il mondo, in analogia con il silenzio un giorno verrà che dovremo disintossicarci laddove ci dicano che su quella montagna no n esiste connessione. Una sorta di rivincita della nostra intimità e della nostra privacy rispetto ai rischi di finire soverchiati dai troppi media e dai troppi messaggi che ci martellano in continuazione. Lo vediamo quando camminiamo per strada curvi sullo schermo, la sera a guardare l'approccio illuminato prima di dormire o allertati come sentinelle quando, altrove occupati, sentiamo l'allarme di un messaggio arrivato chissà da chi è chissà da dove. Siamo, insomma, sempre pronti e attenti, senza quei vuoti che un tempo riempivamo altrimenti. E oggi ti domandi, talvolta, e finisce per essere già un'inquietante risposta, come diavolo facessi prima di "essere connesso". Eppure "eri" altrimenti, ma eri. Un giorno verrà che si cercherà con nostalgia quel vuoto apparente, senza tecnologie, che è pieno, però, di altre cose.