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09 mag 2015

Il canto degli uccelli

di Luciano Caveri

Vivo a Saint-Vincent in una piccola porzione di una vecchia villa novecentesca costruita da un ramo della famiglia gressonara dei De La Pierre (parenti della mia bisnonna, ma che io sia qui è un caso). Malgrado il suo valore architettonico che ne avrebbe preteso una conservazione, nei famigerati anni Settanta del boom edilizio, non essendo "classificata", venne divisa in appartamenti con evidente sfregio della sua storia. Quel che mi incuriosisce è come questo vecchio immobile, esempio fra gli altri degli antichi fasti della cittadina termale, abbia finito per avere condomini ben diversi da noi esseri umani. Esiste, infatti, se ti metti di buzzo buono ad osservare (facendo, come si dice oggi, il "birdwatching") l'andirivieni delle varie specie di uccelli - biodiversità a portata di mano - che hanno colonizzato la casa, un mondo parallelo con una loro vita a fianco alla nostra.

Non ho alcuna nozione seria di ornitologia, anzi distinguo a malapena qualche razza essenziale, ma mi incuriosisce molto questa convivenza, di cui si ha maggior consapevolezza nella bella stagione in cui, seduto in giardino, posso vedere - specie per chi ha i nidi nei cornicioni - parte della loro quotidianità. E poi mi colpisce moltissimo, dopo i silenzi invernali o almeno quelli che io colgo come tali, l'esplosione primaverile dei loro canti, di cui mi accorgo di più, come tutti, al mattino e alla sera. Ma cosa diavolo si diranno, talvolta in monologhi o in dialoghi? Leggo sul sito "Elicriso" cosa scrive il musicista Paolo Perna, dando una lettura del tutto originale: «Da sempre il canto degli uccelli è stato oggetto di interesse per poeti, letterati e musicisti. Nel 1650 lo scienziato e matematico tedesco Athanasius Kircher, nel trattato "Musurgia universalis sive ars magna consoni et dissoni" riporta alcune trascrizioni di canti degli uccelli, e riferisce di un organo automatico che riproduce il verso di animali e perfino il canto degli uccelli». Prosegue un'interessante spiegazione su questo côté di riproduzione di suoni animali. Poi l'articolo cambia registro: «Il canto degli uccelli va in realtà considerato come un linguaggio non articolato ma rispondente a situazioni che si verificano nella propria sfera biotica che ne rendono possibile la decodificazione. Tali situazioni riguardano stati di pericolo, disagio, aggressività, richiesta di cibo, corteggiamento, eccetera e possono essere paragonate a quelle che provocano il pianto del bambino. Lo studio del canto degli uccelli rientra nell'ambito di una nuova scienza, la bioacustica musicale, che studia i fenomeni sonori in relazioni alle forme di vita del mondo animale». Aggiunge più avanti Perna: «"In realtà gli uccelli non cantano quasi mai per il piacere di cantare, ma per comunicare segnali che hanno precisi riferimenti comportamentali" (Edward Neill). Dal punto di vista acustico, ogni specie emette dei suoni propri, e ciò permette di riconoscere, ad esempio, un cardellino da un fringuello, da un passero, da una quaglia. Ciò consente una comunicazione diretta tra individui della stessa specie; i suoni emessi da un usignolo, pur essendo percepiti dalle altre specie, hanno significato soltanto per un altro usignolo. Si evitano così interferenze che potrebbero generare confusioni dannose per la sopravvivenza degli individui, anche se in alcuni casi specie diverse riconoscono, interpretano e reagiscono a suoni provenienti da altre specie in occasione di situazioni di pericolo. E' il caso, ad esempio, della quaglia che si nasconde al grido di un uccello predatore come il falco. In questo caso l'emissione vocale del falco viene percepita dalla quaglia non come elemento di comunicazione specifico, ma come generico segnale di pericolo». Trascrivo questo ultimo passaggio: «Ai fini della comunicazione, gli appartenenti ad una stessa specie si sintonizzano su una gamma di frequenze specifica in modo tale da poter comunicare anche in ambienti in cui sono presenti altre specie, non solo, ma gli appartenenti ad una stessa specie sono in grado di comunicare in qualsiasi parte del globo in quanto ciò che conta, in questo sistema di comunicazione non articolata, è il fattore di tonazione, determinato da cause emotive e non da archetipi formalmente determinati». Mi fermo qui e chi ha voglia di saperne di più troverà molto materiale in Rete. Certo io "spierò" con qualche consapevolezza in più i pennuti che vivono attorno a me.