Il peso del destino

Una foto del funerale di zio AntoineGli avvenimenti storici si incrociano con la storia delle persone e della famiglie. Poi certi eventi prendono una piega che non sempre è spiegabile sul perché una certa cosa avvenga. Certe causalità fanno restare allibiti e ci si può a lungo lambiccare, al confine fra fede e ragione, sui meccanismi che portano a certi fatti.
Settant'anni fa come domani, in piazza Carlo Alberto ad Aosta, dove si festeggiava la Liberazione, morì mio zio Antoine Caveri, classe 1911, secondogenito dei sette fratelli. Ad un cameriere del bar "Pollano - Nazionale", cadde una pistola che si era messa nei pantaloni. Mio zio, in piazza perché era stato chiamato dagli operai "Cogne", dove lavorava ed era punto di riferimento della rete clandestina del PCI nella grande fabbrica, morì colpito al collo. Quel giorno non stava bene, ma insistettero - andandolo a prendere nella casa di via Sant'Anselmo - tenendoci che lui ci fosse per parlare in piazza e questa scelta fu purtroppo letale per i giochi beffardi del destino.

Nel libro delle firme "In memoria" di chi - e furono tantissimi - partecipò al lutto, c'è questa premessa, firmata "tes amis": «Ton grand cœur de valdôtain qui exultait dans un jour d'un bonheur si ardemment attendu, pour un fatal destin, a cessé de battre. Tu n'es plus parmis nous, Antoine! Mais ton souvenir restera à jamais gravé dans nos cœurs. Tu es pour nous l'enseigne d'un idéal qui ne pourra mourir».
Antoine, che era stato uno dei fondatori della "Jeune Vallée d'Aoste", fu elemento di giunzione, nella fase nascente della Resistenza attorno al 1941, fra il gruppo guidato ormai con autorevolezza da Émile Chanoux e la componente comunista, di cui era diventato membro. Un ruolo importante, in quel passaggio storico, come scrive Paolo Momigliano Levi, evocando il ruolo della "Cogne" nella Resistenza: «I giovani della "Jeune Vallée d'Aoste" s'incontrano con la componente antifascista di matrice comunista e fissano gli obbiettivi della mobilitazione contro i fascisti e i nazisti. Giovanni Chabloz, Claudio Manganoni ed Émile Lexert che hanno "coltivato" all'interno della "Cogne" "cellule" di oppositori al regime, s'incontrano con il notaio Émile Chanoux, con il canonico di Sant'Orso Bréan, con l'ingegner Lino Binel che stanno organizzando un'azione clandestina; il tramite fra le due componenti è costituito da Antonio Caveri, impiegato alla "Cogne", fratello di Severino con cui condivide gli ideali antifascisti».
Il 26 aprile, zio Antonio - a dimostrazione della drammaticità di quei giorni concitati - aveva già rischiato di morire, come scriveva in una memoria che conservo: «Il sottoscritto dichiara che mentre stava per essere fucilato da parte dei paracadutisti "Folgore" per ordine del tenente Dal Bianco, venne salvato all'ultimo istante per l'intervento del maggiore della Milizia Pellegrini, il quale si trovava casualmente fra la folla che si era adunata».
Capite? Sfuggito alla morte, ne sarà vittima poche ore dopo, al momento in cui finalmente si usciva dagli orrori del nazifascismo. Il lungo corteo del funerale (nella foto si vede il corteo che transita proprio laddove si svolse la tragedia) fu segno della commozione popolare.
In una comunità valdostana che perde facilmente la memoria e che ha molti che pensano che l'Autonomia speciale sia caduta dal cielo, oggi voglio ricordare - con l'affetto di un nipote che mai lo ha potuto conoscere (anche se Luciano era il suo secondo nome) - questo mio zio, uno dei protagonisti delle vicende di allora, morto a soli 34 anni.

Registrazione Tribunale di Aosta n.2/2018 | Direttore responsabile Mara Ghidinelli | © 2008-2021 Luciano Caveri