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24 apr 2015

Il Mediterraneo come un cimitero

di Luciano Caveri

Ogni tanto penso che una soluzione contro le brutture del mondo sarebbe andare a vivere in cima ad una montagna, in una logica - che poi non sarei affatto in grado di reggere - di autoconsumo e di isolamento. La verità è che non ci sono più eremitaggi veri e spazi per indifferenze che durino: alle brutture bisogna reagire con la speranza di cambiare le cose e non di subirle, ognuno nel proprio spazio più o meno grande d'intervento. Così, in queste ore, le stragi in mare dei migranti sono strazianti e inumane e questa volta la tragedia cancella l'equivalente di un Comune medio della Valle d'Aosta. Ognuna di quelle persone - uomini e donne, vecchi e bambini - deve essere oggetto della nostra compassione, perché dietro quei volti anonimi ci sono storie che varrebbe la pena di conoscere una ad una. Non c'è una massa indeterminata, ma - per essere degni di noi stessi - un insieme di esseri umani.

Un amico poliziotto, reduce dal servizio al porto di Pozzallo in Sicilia, dove approdano gran parte dei barconi, mi ha testimoniato la partecipazione emotiva e pure la fatica di chi si trova ad affrontare questa dolente marea umana. L'estate scorsa ero stato lì in zona in vacanza e mi avevano raccontato - come mi era già capitato a Lampedusa - cosa significhi essere la prima linea dell'Europa con una sorta di assalto epocale di chi vuole una chance per la propria vita. Ma non si può pensare che le migrazioni clandestine, che ingrassano le Mafie e oggi i jihadisti che occupano i porti libici da cui partono i barconi, siano la soluzione alla disperazione del mondo. E che in un afflato di buonismo si violino regole elementari che devono evitare che certi spostamenti assumano dimensioni non affrontabili. E che, passata la frontiera italiana, gli scafisti e le bande di delinquenti che si arricchiscono con la disperazione trovino una sorta di complicità da parte di chi soccorre e accoglie. Se si ritenesse, invece, che non esistono limiti ad accoglienza, specie per chi chiede asilo, allora si mettano in piedi sistemi di trasporto legali e civili. Ma sappiamo che non si può fare come se l'ingresso fosse una porta sempre aperta, perché non si può accogliere senza fissare delle quote e anche perché svuoteremmo ineluttabilmente i Paesi del Terzo e del Quarto mondo, perché da li sono centinaia di milioni di persone che guardano all'Occidente abbacinati da benessere e ricchezza. Poco conta che questo non corrisponda alla realtà, ma qualunque siano le nostre situazioni sanno che sarebbe comunque un progresso di libertà o di benessere. Noi diamo per scontate troppe cose che nel Sud del mondo non lo sono affatto. Per altro, se uno dice - e io ci credo - che bisogna cambiare i loro Paesi d'origine, per riavviarli alla democrazia e alla crescita economica, rischia di essere sul crinale dell'accusa di voler fare il furbo o persino di essere un razzista silente. Come se non ci fosse su questo la possibilità di un pensiero positivo e sincero. Vale il fatto che generosità senza limiti e chiarezza del "do ut des", dei diritti che si accompagnano ai doveri genera incomprensioni e conflitti. Fanno ridere organizzazioni internazionali con le Nazioni Unite e le sue emanazioni che fanno la morale agli Stati di cui sono espressione e vanno in televisione con i loro portavoce melliflui, come se non avessero responsabilità enormi di questo mondo sbilenco fra ricchi e poveri, fra liberi e prigionieri. Ed a complicare le cose si sono messi gli estremisti religiosi - in primis gli islamisti - che vogliono far fuori occidentali ed ammazzare chi pratichi altri culti con ossessioni per la modernità e distruzione delle vestigia delle culture del passato. E vi è pure la crisi economica mondiale, che ha impoverito chi era già povero in quelli che sono stati chiamati "Paesi in via di sviluppo", perché i nostri aiuti - stando peggio noi - sono diminuiti e, come dicevo, troppe zone del mondo sono così pericolose da impedire il sostegno come un tempo. Insomma: un bel problema ed un'emergenza seria, da cui si misurerà la stoffa dei leader o dei presunti tale.