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13 apr 2015

Quando il castello è un palcoscenico

di Luciano Caveri

Si potrebbe, per una volta, partire da una domanda, che so bene essere, sin da subito, un interrogativo retorico. I castelli sono monumenti di sé stessi e dunque autosufficienti o è giusto ospitare con continuità delle manifestazioni che rinnovino l'attrattività, evitando il rischio della visita una tantum? Il tema è vecchio come "il cucco" ed in Valle d'Aosta - a parte il forte di Bard, che ha proprie vicende e un budget più che ragguardevole - non siamo ancora giunti, nel complesso della rete dei nostri castelli, ad una svolta vera e propria, che metta assieme con decisione tutela e valorizzazione in un equilibrio ragionevole a vantaggio di tutti, residenti e visitatori. Per altro il tema è cruciale sia perché il turismo culturale è una risorsa senza eguali e sempre in crescita sia perché la questione della destagionalizzione resta fondamentale per avere una macchina turistica che giri con continuità e non a singhiozzo.

Ci pensavo dopo essere stato, nella gita fuori porta di Pasquetta, a Buronzo. Si tratta di un paesino del vercellese, a due passi da dove le risaie sono bagnate anche dalle acque della nostra Dora Baltea, dove mi sono trovato ieri per assistere ad uno spettacolo nel locale Castello consortile. Una costruzione assai curiosa su di una collina, che è una sommatoria di stili in un castello che ha funzionato per secoli come un moderno condominio - segno che non si inventa mai niente - con diversi proprietari. "Salvato" dall'oblio con dei fondi comunitari, il complesso è risorto e ospita in questo periodo un'attrazione intitola "La Fata della Primavera e lo Spirito del Drago". E' un simpatico spettacolo multimediale che si svolge in alcune sale del castello e mette assieme, in un vero e proprio percorso, attori in carne ed ossa e filmati proiettati con grande suggestione. La storia è quella del viaggio di liberazione della primavera dall'inverno con ciclo di rinascita all'origine del miracolo della vita. Una favola che, come sempre avviene nei racconti come si deve, vede contrapporsi, con lieto fine di prammatica, personaggi buoni e cattivi. Il peggiore è un Drago che spetta anche ai bimbi combattere. Alla fine della visita vengono donati ai piccoli visitatori dei semi da piantare come lezione finale a favore della Natura. Si esce tutti divertiti e con i bambini più piccoli contenti di averla scampata bella. Forse, specie per i genitori, non guasterebbe qualcuno che, a premessa, oltre al materiale distribuito, dovesse due cose sul castello e sul susseguirsi dei suoi abitatori, Interessante, comunque, questo utilizzo del castello, che pare purtroppo - malgrado il mercatino allestito al centro del borgo - non avere risvegliato l'economia locale e Buronzo è in parte un "paese fantasma", come tanti paesi della Pianura Padana, svuotati dall'urbanesimo con troppe case e negozi ormai desolatamente vuoti. Mai piangeremo abbastanza sull'abbandono della campagne a vantaggio delle città, uccidendo culture antichissime e ricche a favore delle metropoli e dello spaesamento di chi ha deciso di recidere le proprie radici alla ricerca di maggior fortuna. Però l'idea del castello che diventa installazione multimediale con tratti da fiera medioevale è una sfida azzeccata. In primavera, quando le famiglie hanno bisogno di animare il proprio fine settimana, è uno spunto che varrebbe la pena di riprendere, dove - come da noi - i castelli sono impressionanti e anche assai mutevoli come architettura e paesaggi dei luoghi. In più il leggendario valdostano potrebbe, con le tante capaci compagnie teatrali su cui possiamo contare, consentire spunti infiniti per spettacoli suggestivi, come avvenuto purtroppo in modo poco più che episodico sino ad oggi. Mancano metodo, continuità e soprattutto programmazione.