Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
01 apr 2015

Gli Alpini e il dovere civico

di Luciano Caveri

Non ho fatto il militare per via di un ginocchio. Fatto "rivedibile", sono poi stato "riformato". Questo però non mi ha mai impedito di guardare con interesse alle Forze Armate, con ovvia logica territoriale in favore degli Alpini, cui è stata dedicata una parte della mia attività parlamentare, per altro rinvenibile nella puntuale resocontazione che giace alla Camera. E' sempre stato interessante verificare il "caso valdostano". Scevri da eccessi nazionalistici per la propria particolare identità - oggi si usa il termine "valdostanità" - i valdostani hanno sempre avuto nel Corpo degli Alpini un punto di riferimento sia per l'ovvio spirito di corpo, tradizionale in questa truppa specializzata in territorio montano, sia per gli aspetti festosi che ne sono caratteristica, ma anche - per uscire dal triste stereotipo dell'alpino beone - per quella capillare attività di volontariato che presidia il territorio con le molte sezioni comunali.

Fenomeno da indagare, che fa sì che non ci sia luogo della Valle dove nelle cerimonie ufficiali non ci sia almeno un alpino con il cappello e la divisa della "Associazione nazionale Alpini - Ana" a presidiare. A questa rete regionale corrisponde una rete nazionale, che permette interscambi agli alpini valdostani e sono ancora molti, presenti nell'associazionismo, ad aver fatto la naja ad Aosta e dunque ad essere legati alla nostra Regione con un legame di particolare affetto. Dal 1° gennaio 2005, come stabilito da una legge dell'anno precedente, l'obbligo di leva, pur non essendo stato formalmente abolito, è diventato inattivo. Quindi da dieci anni si è passati ad un esercito professionale, che ha mutato profondamente anche gli Alpini, che - oltre ad un loro ridimensionamento numerico e organizzativo rispetto al passato - hanno perso quella caratteristica di radicamento regionale, prevalentemente alpino, in favore di giovani provenienti in particolare dal Sud. Leggo che in queste settimane, prima a Belluno e poi a Bolzano, associati "Ana" si pongono il problema del futuro con l'esaurirsi delle energie più giovani. Si ipotizzano due strade. La prima è quella - direi simile alla "Associazione nazionale Partigiani d'Italia - Anpi" - che, per l'esaurimento naturale dei protagonisti dell'epoca, tessera anche altre persone, specie giovani, in una logica di militanza, che nel caso degli Alpini avrebbe il volontariato come ragion d'essere. Oppure torna l'idea di una "leva breve" di soli sei mesi che ridia agli Alpini del sangue giovane: ipotesi che, già evocata in passato, e vista con sfavore dalle Forze Armate, perché il periodo così breve di fatto non servirebbe a un tubo e sarebbe assai costoso. E dunque? Il problema non è semplice anche per il contesto, che porta a una progressiva e per ora ineluttabile diminuzione del volontariato, specie di quello a titolo del tutto gratuito e non di quello che alla fine "ci guadagna qualcosa". E' un tema da capire per avere le necessarie contromisure per evitare appunto che le generazioni più giovani "disertino" da un impegno di dovere civico.