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28 mar 2015

Perché i sondaggi politici non ci prendono

di Luciano Caveri

La questione non è nuova: i sondaggi politici non ci pigliano. Fatto già visto in diversi Paesi, Italia compresa, ma le elezioni nei Départements francesi sono state l'ultimo esempio. Interessante come la circostanza sia stata sintetizzata su "HuffPost France": "Si les grands perdants du 1er tour des élections départementales étaient... les instituts de sondage? Participation, score du Front national, partis en tête du scrutin: la publication des résultats officiels le confirme, les sondeurs n'ont pas toujours vu juste. Annoncé à 58 pour cent trois semaines avant les élections, le taux d'abstention s'établit finalement à 48,83 pour cent selon le dernier décompte du ministère de l'Intérieur. Le Front national censé faire la course en tête, entre 29 pour cent et 33 pour cent des intentions de vote annoncées, recueille à l'arrivée 25,72 pour cent des suffrages exprimés. Et l'alliance UMP-UDI, souvent placée derrière le FN avant le scrutin, devance le parti de Marine Le Pen en recueillant environ 30 pour cent des voix. Les sondeurs ne se sont en revanche pas trompés en prévoyant l'échec électoral du Parti socialiste".
Malignamente, su questo ultimo punto, si potrebbe dire che non era difficile capirlo e forse gli stessi socialisti temevano un esito peggiore.

Chi se ne intende di sondaggi precisa tutte le difficoltà delle previsioni e le cautele che sono necessarie e che dovrebbero essere un punto di riferimento per ha troppo fiducia nelle previsioni elettorali. Trovo, appunto per relativizzare il troppo fideismo, una dichiarazione di Roberto Biorcio ("Demos") che spiega che «gli intervistati sono estratti casualmente, ma poi non tutti rispondono o rispondono esattamente. Di solito solo uno su quattro ci dà le informazioni che chiediamo. I sondaggi vengono fatti su un minimo di mille persone, ma spesso sono duemila, e per avere abbastanza dati dobbiamo interpellare sempre almeno quattromila persone. Nondimeno, questo non dovrebbe incidere sulla attendibilità dei risultati». In verità il tasso di rifiuti, come espresso nel sito ufficiale che pubblica per legge contenuto e criteri dei sondaggi, si evince come la quota dei rifiuti a rispondere ai sondaggi proposti superi spesso il 75 per cento, arrivando anche all'80 - 90 per cento. Ciò è pure normale, ma è ovvio che chi non risponde finisce per corrispondere di più di chi risponde all'idem sentire popolare, spesso attorno al tema del rifiuto della politica. E chi risponde potrebbe giocare o no al ruolo di "Pierino la peste"? E' chiaro che anche su questo agiscono elementi correttivi, ma questi stessi parametri che devono evitare errori possono invece ingenerarne, a dimostrazione che la materia è più complessa e forse prevederebbe meno sicumera di certi sondaggisti in televisione, ormai divenuti divi del piccolo schermo. "Europa Quotidiano", in un approfondimento sul tema, si era spinto a dire sui correttivi prudenziali: "Certo, inutile nasconderselo, c'è anche una componente tecnica negli errori delle stime previsionali. Gli algoritmi che si adottano per ponderare i risultati cercano di correggere gli elementi di distorsione presenti in ogni sondaggio, e forse troppo spesso questi vanno a peggiorare le stime, invece che migliorarle". Altra spiegazione per il caso italiano sta nella logica bizantina dei tempi dei sondaggi, che non considera il fatto che una parte sempre più consistente di elettori decide all'ultimo minuto, mentre i sondaggi si fermano ad un paio di settimane prima delle elezioni. Per altro in Italia al cittadino non piace neanche la tecnica del voto ripetuto e dunque questo distorce anche gli exit poll che vengono diffusi appena le urne sono chiuse. Tornando ai rischi dei sondaggi veri propri, vi è poi da considerare, sugli umori cangianti degli elettori, una componente legata alla diffusione - anche attraverso furberie sui "social" - di sondaggi che mirano a "spaventare" gli elettori. Nel caso del Front National francese questo potrebbe essere avvenuto, visto che il "sorpasso" di Marine Le Pen veniva dato come molto probabile e parecchi elettori possono aver svoltato su Nicolas Sarkozy e dunque sul fronte più moderato della Destra francese. C'è poi il carattere sempre più liquido è sempre meno solido della politica odierna. Basti pensare al nascere e morire dei partiti, all'accentuata componente personalistica, ai cambi di casacca dei parlamentari. Questo crea una fluttuante massa di manovra di indecisi, che solo in parte si scarica sull'astensionismo. Vi sono poi quelli che "rompono" in modo inaspettato le loro abitudini: pensiamo a chi è saltato, senza colpo ferire, da Silvio Berlusconi a Matteo Renzi, in una sua continuità di pensiero, che affonda il sondaggista. Nella piccola Valle d'Aosta l'uso dei sondaggi è stato nel tempo piuttosto raro e, in questo nostro piccolo mondo, la scelta del campione probante è già un equilibrismo.