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13 gen 2015

Il cammino della "Constituante Valdôtaine"

di Luciano Caveri

La "Constituante Valdôtaine", ormai tutti lo hanno capito, tranne pochi sordi («non c'è peggior sordo di chi non vuol sentire»), dovrà diventare un progetto condiviso. Con due premesse necessarie. La prima è che non intende affatto sostituirsi alle Istituzioni valdostane, in primis quel nostro piccolo Parlamento, il Consiglio Valle, che racchiude la sovranità del popolo valdostano, e lo stesso vale per l'altra faccia della nostra democrazia locale, il sistema dei Comuni. In secondo luogo, il successo dell’iniziativa sta nel suo carattere pluralista e nella discussione aperta di cui un costituendo Comitato dovrà farsi interprete.

Mi pare, tra l'altro, che sulla diagnosi, nessuno, nel recente incontro di Cogne, si sia tirato indietro. Nel senso che il quadro di timori e preoccupazioni - e già di gravi sanzioni e ritardi per la nostra autonomia speciale - è sotto gli occhi di tutti e nessuno può davvero dire che, stante le cose, l'avvenire sia così roseo da poter far finta di niente. L'aspetto reattivo e propositivo pare, dunque, essere oggetto di ampia condivisione, così come gli aspetti autocritici che riguardano il vasto capitolo dei doveri che corrispondono ai nostri diritti... Poi sui contenuti e sul percorso di coinvolgimento popolare si vedrà. Sul punto una sola osservazione: a Cogne, con un pubblico di addetti ai lavori e di normali cittadini, c'è stata, in sostanza, una prima mobilitazione. Chi si aspettava un raduno simile alle manifestazioni del secondo dopoguerra proclama delusione. Come se nella Storia ogni movimento popolare non fosse stato preparato dalle idee e dalle proposte di gruppi più ristretti. Questo significa, nelle vicende valdostane, fare in modo che il processo costituente si costruisca su basi di reale partecipazione, che prevedono però la presenza di un presupposto: un clima costituente.
Non ci sarebbe niente di peggio, come talvolta in passato, che ad un entusiasmo e un'operatività istituzionale corrispondesse un'apatia, se non una freddezza, della comunità valdostana, intesa nel suo senso più vasto per chi - come noi - crede nella logica di appartenenza derivata dallo "ius soli". In gioco c'è, insomma, una partita di ampio respiro, che non riguarda solo i meccanismi giuridici a me così cari (senza Diritto non si va da nessuna parte), ma anche uno stato della situazione sugli elementi identitari e fondativi della nostra comunità. Non si tratta mai di imporre una visione idealistica e precostituita, un mondo fasullo a uso della difesa precostituita dello status quo. La sfida è, invece, una foto realistica della situazione e dei rapporti interni alla nostra democrazia, così come la riflessione, più vasta e che prevede alleanze anche fuori Valle, attorno ai rapporti con Roma e con Bruxelles. Chi riporta ragionamenti così complessi alla politica e all'amministrazione attuali rischia di avere una visione miope e di trasformare un percorso difficile e ambizioso in semplici questioni di bottega. Se bisogna volare, meglio farlo in alto.