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05 gen 2015

Napolitano saluta e se ne va

di Luciano Caveri

Fra pochi giorni, il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, lascerà il Quirinale e spero sinceramente di poterlo incontrare quando sarà tornato alla sua vita privata. Quando il Presidente accettò il secondo mandato - unico caso sino ad oggi nella storia della Repubblica a fronte di una paralisi nelle votazioni - precisò che lo avrebbe fatto per un tempo limitato. Ho visto il messaggio registrato del Presidente e vorrei fare - anche se un'antica amicizia mi fa vedere le cose con una certa parzialità - qualche osservazione su quest'ultimo intervento prima delle imminenti dimissioni, motivate da ragioni di età, ed i novant'anni non sono uno scherzo nel ruolo presidenziale. Riflessioni che per Napolitano «avranno per destinatario anche chi presto mi succederà nelle funzioni di Presidente della Repubblica». Il Presidente ha comunque confermato la lungimiranza della scelta di accettare la Presidenza, pur pro tempore: «L'aver tenuto in piedi la Legislatura apertasi con le elezioni di quasi due anni fa, è stato di per sé un risultato importante: si sono superati momenti di acuta tensione, imprevisti, alti e bassi nelle vicende di maggioranza e di governo; si è in sostanza evitato di confermare quell'immagine di un'Italia instabile che tanto ci penalizza, e si è messo in moto, nonostante la rottura del febbraio scorso, l'annunciato, indispensabile processo di cambiamento». Ricordate le riforme costituzionali in corso e la necessità di una nuova legge elettorale, ha aggiunto: «Credo sia diffuso e dominante l'assillo per le condizioni della nostra economia, per l'arretramento dell'attività produttiva e dei consumi, per il calo del reddito nazionale e del reddito delle famiglie, per l'emergere di gravi fenomeni di degrado ambientale, e soprattutto - questione chiave - per il dilagare della disoccupazione giovanile e per la perdita di posti di lavoro. [...] Tutti gli interventi pubblici messi in atto in Italia negli ultimi anni stentano a produrre effetti decisivi, che allevino il peso delle ristrettezze e delle nuove povertà per un così gran numero di famiglie e si traducano in prospettive di occupazione per masse di giovani». Ma Napolitano se ne va, mantenendo la fiducia:«Un recupero di ragionata fiducia in noi stessi, una lucida percezione del valore dell'unità nazionale, sono le condizioni essenziali per far rinascere la politica nella sua accezione più alta, per rendere vincente quell'impegno molteplice e di lunga lena che i cambiamenti necessari all'Italia chiaramente richiedono». Poi un occhio all'Europa: «La crescita economica, l'avanzamento sociale e civile, il benessere popolare che hanno caratterizzato e accompagnato l'integrazione europea, hanno avuto come premessa e base fondamentale lo stabilirsi di uno spirito di pace e di unità tra i nostri popoli. Ebbene, questo storico progresso è sotto attacco per l'emergere di inauditi fenomeni e disegni di destabilizzazione, di fanatismo e di imbarbarimento, fino alla selvaggia persecuzione dei cristiani». Eccoci verso la conclusione: «Farci, ciascuno di noi, partecipi di un sentimento di solidarietà e di un impegno globale - sconfiggendo l'insidia dell'indifferenza - per fermare queste regressioni e degenerazioni, è un comandamento morale ineludibile. E forse, facendoci lucidamente carico di quanto sta sconvolgendo il mondo, potremo collocare nella loro dimensione effettiva i nostri problemi e conflitti interni, di carattere politico e sociale; potremo superare l'orizzonte limitato, ristretto in cui rischiamo di chiuderci». E la fine del discorso è chiara: «Mettiamocela dunque tutta, con passione, combattività e spirito di sacrificio. Ciascuno faccia la sua parte al meglio. Io stesso ci proverò, nei limiti delle mie forze e dei miei nuovi doveri, una volta concluso il mio servizio alla Presidenza della Repubblica, dopo essermi impegnato per contribuire al massimo di continuità e operosità costituzionale durante il semestre di presidenza italiana del Consiglio dell'Unione Europea. Resterò vicino al cimento e agli sforzi dell'Italia e degli italiani...». Discorso serio e dignitoso di chi ha deciso di andarsene per la consapevolezza delle forze declinanti, senza paura di dire che il peso degli anni implica la necessità di passare il testimone. Non sarà facile, ma milito fra chi ritiene che si possa trovare nella politica una figura seria, competente e libera per il Quirinale. Sapendo quanto sia utile che sia contraltare ai rischi di eccesso di potere di Palazzo Chigi.