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22 dic 2014

Rottamare l'autonomia speciale

di Luciano Caveri

Ultimi arrivati di una lunga sfilza "bipartisan" arriva un gruppo di deputati del Partito Democratico, partito al Governo ed in testa a tutti i sondaggi in epoca di Renzi tuttofare (premier e segretario in una logica ormai personalista), a proporre con proposta di legge costituzionale - nel quadro di una riduzione delle Regioni - di far sparire la Valle d'Aosta. Scelta che dovrebbe essere inserita, già che ci siamo e visto che "la fretta fa gattini che ci vedono benissimo", nella riforma costituzionale in corso in tema di regionalismo e pure il presidente dei presidenti delle Regioni, Sergio Chiamparino, ha già detto incredibilmente di essere nella stessa scia. Si tratterebbe di un blitz davvero di stampo militare, che porrebbe gli interessati di fronte al fatto compiuto. C'erano nel nostro caso un patto politico e una tutela costituzionale? Roba del passato, ferrivecchi del 1945 e dintorni, da buttare nella pattumiera nella fulgida epoca odierna, senza nostalgie o rimpianti. Lo chiede la modernità! Poi, perbacco, siamo in Italia e l'Italia decide! Vecchia questione, dicevo, che accomuna oggi esponenti della Sinistra alla vecchia Destra, con qualche sfumatura nuova, adeguata ai tempi. E il refrain è il solito, ma declinato come un razzo a due stadi. Non si tratta, infatti, solo di far sparire la specialità, asfaltando l'articolo 116 della Costituzione, non nel nome del federalismo, ma della normalizzazione. Di fatto, visto il contesto centralista della riforma Renzi, la scelta è quella di ridimensionare ad ampio spettro il regionalismo e dunque fare di ogni erba un fascio. «Una rottamazione», direbbe qualcuno... Ma questa volta, per i valdostani, non ci si ferma qui. L'idea è quella di profittare del passaggio per far sparire la Valle d'Aosta "fusa" con Liguria e Piemonte, esattamente in linea con la Regione Lombardia (Forza Italia e Lega in entente cordiale), che ha proposto di chiamare la stessa creatura "Limonte". Esempio linguistico di che fine farebbe la storia autonomistica della Valle d'Aosta, neppure più citata. Naturalmente si aggiornano i vecchi progetti omicidi con una veste nuova: il risparmio e l'efficienza. Si rende più educata la vecchia accusa «ricchi e privilegiati» con logiche da mattone avvolto in carta regalo. La fregatura passa attraverso cifre e statistiche, economie di scala e efficientamento ed avanti con amenità analoghe. Resta una logica distruttiva da tritasassi, sfuggendo per altro che fine farebbe ogni logica di rappresentanza della nostra comunità. Forse finiremmo nell'area metropolitana di Torino, come stambecchi buoni per un museo. Esempio vivente di montanari con l'osso nel naso e la sveglia al collo, destinati - in nome dell'eguaglianza giacobina - alla marginalizzazione e all'abbandono. Insomma, verremmo rimessi in riga dallo Stato Nazione che non tollera forme di diversità. Per quel mi riguarda la discussione sui due punti non si accetta per una semplice ragione. Chi deposita in Parlamento certe proposte non può poi nascondersi dietro la foglia di fico del «discutiamone con serenità». Serenità un piffero! A me monta solo la carogna e mi indigno, chiedendomi se sia possibile che si agisca in certi modi, lesivi di capisaldi costituzionali di vario genere, che si minano con la superficialità e l'arroganza di chi oggi è nella "stanza dei bottoni" e crede di fare e disfare. E di farlo, nel nostro caso, in violazione di elementari principi democratici di coinvolgimento della comunità interessata, che è un popolo con una storia e personalità ben più profonde di una Repubblica che si rimangiasse, con spaventosa indifferenza e con una scelta violenta, l'ordinamento valdostano e i suoi principi. Io penso, pure con il rischio che ci sia anche in Valle una parte di indifferenti e rassegnati (e di comprati), che chi scherza con il fuoco dovrebbe preoccuparsi di delle reazione di quelli che non accetteranno mai umiliazioni.