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11 dic 2014

Il giornale come il vinile?

di Luciano Caveri

Leggevo, l'altro giorno, su "La Stampa" Alain Elkann, padre di cotanti figli, avuti con Margherita Agnelli, e cioè John - ai vertici della fu "Fiat", - Lapo (turbolento e inventivo) e Ginevra (che fa la produttrice cinematografica). Mi riferisco alla sua interessante intervista a Mathias Döpfner, 51 anni, amministratore delegato del gruppo editoriale tedesco "Axel Springer SE". Risponde così alla domanda sulla digitalizzazione: «Ci sono un bel paio di sfide, e non solo per il settore dei media. Prima o poi tutte le industrie dovranno rendersi conto che la produzione, la distribuzione, il marketing, le scelte dei clienti stanno cambiando radicalmente. Pertanto, qui ad "Axel Springer" ci sforzeremo di diventare gli editori digitali di riferimento. Abbiamo già fatto molto dal 2002 a oggi. Nel mondo digitale incassiamo con le stesse modalità che abbiamo avuto per decenni nel mondo analogico, su tre fonti di ricavi: il lettore pagante, il cliente della pubblicità e l'inserzionista. Oggi oltre il cinquanta per cento del nostro fatturato viene da imprese digitali, il settanta per cento dei nostri profitti operativi sono digitali, e circa tre quarti dei nostri ricavi pubblicitari arrivano da imprese digitali. Siamo probabilmente il gruppo editoriale tradizionale più digitalizzato del mondo».

Sulla carta stampata e il suo futuro annotate la risposta: «I giornali cartacei sopravviveranno più a lungo di quanto alcuni si aspettino, ma non è un settore in crescita. Nel mondo dei giovani, i giornali stampati non esistono più. Non significa che non leggano, usano altri modi di informarsi. E la nostra occupazione come editori non è la stampa in sé, ma il contenuto. Diamo ai nostri lettori notizie e storie affascinanti, crediamo nel giornalismo. La vera sfida non è proteggere il materiale stampato ma emanciparsi dall'idea di un giornale di carta». E aggiunge, con profezia finale: «Il nostro principale obiettivo è aumentare l'offerta multimediale sui cellulari e sui tablet. Prevedo che entro dieci o quindici anni la carta avrà il ruolo che oggi è dei dischi in vinile. Ma avremo un tipo di carta elettronica molto simile alla carta che stiamo usando oggi». La carta stampata come il vinile significa, per semplificare, che resterà un prodotto di nicchia, con attitudine piuttosto snob per chi vorrà. Forse - ma viaggio con l'immaginazione - si potrà scegliere, con apposite stampanti, di avere della versione elettronica una versione cartacea, invertendo esattamente quel che più o meno è capitato sino ad oggi. Anche se, sempre più, le versioni Web dei giornali tendono a staccarsi dalla cartacea "casa madre". D'altra parte, in questo caso, come in molti altri che hanno cambiato le nostre abitudini, con lo schiacciasassi dei cambiamenti non c'è partita da giocare. In questo come in altri campi bisogna avere capacità previsionale e guardare più distanti rispetto al proprio naso, perché sennò si rischia grosso. Così per il giornalismo: vivo, come giornalista, attorniato da persone che recitano il "de profundis" per la professione, ormai messa all'angolo da cambiamenti epocali. Questo deriva, però, dall'attitudine che si sceglie. Se scatta, infatti, una semplice logica di sopravvivenza o la reazione corporativa di attaccamento ad un passato che diventerà un ferrovecchio, allora la battaglia sarà perdente. Viceversa se si segue l'onda e si capiscono per tempo le modificazione in atto, allora la professione giornalistica saprà risorgere dalle proprie ceneri, per me solo apparenti.