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01 dic 2014

L'Expo e le Alpi: occasione mancata

di Luciano Caveri

Per non sapere né leggere né scrivere comprerò il "pacchetto famiglia" per l'"Expo2015". Come ho già scritto, la manifestazione è per me piena di incognite, che potrebbero trasformarla in un "buco nero", ma è saggio - anche se una cosa la si critica - verificare di persona pro e contro a fatti compiuti. Per cui, tolta la ressa iniziale e esclusi i torridi mesi estivi lombardi, andrò a vedere «l'effetto che fa», come diceva Enzo Jannacci in "Vengo anch'io, no tu no". Lui, milanese caustico, si sarebbe divertito con il gran trambusto e con i corrotti in galera a cantieri ancora aperti. Il "Cibo" è il tema cardine dell’Expo e si presta moltissimo a declinazioni originali e innovative. Devo confessare di provare un certo dispiacere che non si sia colta l'occasione per seguire una pista interessante. Mi riferisco a quell'essere ancora inanimato, dal punto di vista istituzionale, che dovrebbe diventare la "macroregione alpina", che fra il lavoro della Commissione e il placet del Consiglio, su spinta di Stato e Regioni dell'Arco alpino, dovrebbe urlare il primo vagito proprio l'anno prossimo. Immagino che per l'Expo gli Stati dell'Arco alpino - la Svizzera previdente sta completando la costruzione dei padiglioni - e anche qualche Regione, come la Valle d'Aosta a budget risicato e immagino da centellinare in modo oculato e "risparmioso", avranno una loro presenza. Sarebbe risultato interessante fare sistema e immaginare un luogo d'incontro a Milano, che si sarebbe potuto denominare "Alpi" (che da Milano, in certe circostanze, si vedono), che desse il senso agli europei ed a chi verrà dagli altri Continenti, della funzione storica di questo vasto massiccio montagnoso. Specie ora che una "Strategia alpina" si disegna, lavorando sulla straordinaria ricchezza, fatta di affinità e diversità, conoscendo per altro il valore simbolico che il territorio alpino ha rispetto a tutti i massicci montagnosi del mondo. Tant'è che l'aggettivo "alpino" ha finito per avere un uso più estensivo rispetto alle Alpi stesse. Il cibo in zona alpina è molto interessante: qui esistono delle linee che tagliano l'Europa. Pensiamo a quella fra l'olio ed il burro o a quella fra la birra ed il vino. Il formaggio è protagonista, attraverso l'intero arco alpino, di incredibili variazioni sul tema, specie laddove l'altimetria non ha rivali. Così per gli insaccati del "Re maiale" e per la cacciagione. Pensiamo alle contaminazioni culturali per prodotti arrivati dalle Americhe e subito diventati patrimonio proprio, come la patata o il mais. Vanno poi citate le antiche tradizioni, ad esempio nell'uso sapiente delle erbe curative e dei prodotti orticoli particolari. Mi riferisco ancora alla ricchezza dei distillati od a prodotti multiformi come i cereali tipici o la castagna. Il terreno è fertile anche per i dolci e pure per il gelato, un tempo fatto con le nevi. Come sarebbe stato bello trovare - con il cibo come elemento aggregante - i fili sottili che avvolgono come una ragnatela unica i territori delle Alpi, spezzati, spesso in modo arbitrario, da quegli Stati che restano, purtroppo, i protagonisti assoluti dell'Expo2015.