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28 nov 2014

L'assoluzione di Rollandin e il problema politico

di Luciano Caveri

L'assoluzione di Augusto Rollandin, presidente della Valle d'Aosta, comunque la si guardi, rappresenta un punto a capo per la politica valdostana. Non mi riferisco agli aspetti giudiziari della vicenda, su cui il giudice monocratico ha ormai deciso, smontando tutta l'inchiesta e a questa sentenza per ora bisogna attenersi. Quanto, invece, all'aspetto politico, che resta tutto nella sua sostanza e i confronti politici si vincono nelle sedi ad essi deputate e non a colpi di "carta da bollo". Altrimenti, sarebbe un corto circuito fra poteri che debbono equilibrarsi fra di loro ("balance of power") e si sa che questo è talvolta avvenuto in Italia. Rollandin ha attraversato, con alti e bassi, la politica valdostana dagli anni Settanta ad oggi. Lo ha fatto, contando su un forte carisma personale e con atteggiamenti senza scrupoli nei rapporti politici, usando le persone e il suo Movimento a seconda dei propri vantaggi, come fa Tarzan con le liane per attraversare in volo la giungla. Spesso ha rischiato di lasciarci "le piume" (politicamente, intendo), ma poi "per riffa o per raffa" - con una forza che nessuno può negargli, condita da un ego smisurato - è riuscito a zigzagare nelle circostanze della sua carriera con abilità e anche con fortuna. Scrivo queste cose senza invidia o gelosia, come qualcuno potrebbe pensare io possa provare. Io ho fatto la mia strada, anche in sua compagnia per alcuni anni, avendo, per fortuna, la mia di personalità e le cose che ho fatto sono lì, nel bene e nel male. Ed è proprio negli anni di esperienza accumulata, che ho maturato l'idea di quanto Rollandin, brillantissimo agli esordi, avesse nel tempo accentuato una sua sicumera, cui non corrisponde una reale visione strategica. Il fiuto nelle cose non basta, perché i problemi vanno approfonditi e ci vuole, in certi momenti, l'umiltà di capire i dossier e ascoltare i pareri. Il tempo poi è implacabile e, avanzando con l'età, certi metodi spicci, autocratici e clientelari segnano il passo in un mondo che cambia e, chi si ostina a riproporre modelli vecchi e desueti, prima o poi pagherà lo scotto delle sue scelte e la paralisi cui costringe la Valle. Oggi sembra un "Superman", che non conosce la "kryptonite", ma posso ricordare un episodio in cui non era così, senza entrare troppo negli intrecci che hanno accompagnato le rispettive "carriere". Mi riferisco, dopo la sua batosta alle politiche, alla "resurrezione" con la Presidenza della "Compagnia valdostana delle acque - Cva" (nella vita si sbaglia). Se qualcuno non gli avesse teso la mano, ma dovrei fare come Muzio Scevola, la storia non sarebbe stata la stessa. Anche se l'interessato ha la memoria corta. Quindi, in fondo, quel conta - ma poi ci tornerà la Storia - è che ora si vivano queste vicende per capire in profondità quanto nuoce alla comunità valdostana questa logica da disco rotto, che ci ha fatto sentire all'infinito una canzone ormai fuori moda, ferma per troppo tempo sullo stesso solco. Non so cosa avverrà, spero in futuro solo cose belle, ma già oggi, al di là di tutto, resto ottimista e impegnato per il futuro della Valle d'Aosta. Siamo ormai al buio, in fondo ad un precipizio per la nostra autonomia speciale e si tratta di risalire la parete, guardando in alto, verso la luce.