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18 nov 2014

L'orrore delle decapitazioni

di Luciano Caveri

Vanno o no mostrati gli orrendi filmati propagandistici del sedicente Stato Islamico con cui si documentano le selvagge decapitazioni? La prima risposta è: "no", non vanno mostrati. L'effetto voluto è proprio in una duplice intenzione: spaventare noi "infedeli" e caricare le truppe eccitate da tanta violenza, che da ideologica diventa aggressione fisica. I montaggi dei filmati mirano evidentemente a questo. Si usano elementi retorici e sin dall'inizio si mira allo scopo: la conquista islamista del mondo, con tanto di carta geografica e commento musicale in crescendo. Poi l'eroismo dei combattenti, la mostruosità dell'Occidente, le predicazioni accorate e poi il sangue. Sì, proprio il sangue, usato come acme dell'esaltazione.

Nel caso dell'ultimo filmato, l'orrore è massimo. Oltre al quinto ostaggio occidentale - un americano convertito all'Islam, che si occupava di aiuti umanitari - "macellato" da un ragazzo inglese convertito alla causa, ci sono una quindicina di soldati siriani con altrettanti accompagnatori a volto scoperto. Tutti uguali in divisa, capelli lunghi, barbetta e volto torvo. In una terribile sceneggiata, sfilano tenendo la loro vittima sacrificale come un animale al guinzaglio, prendono dei lunghi coltellacci, fanno inginocchiare i poveretti terrorizzati e le immagini indugiano sui volti pietrificati delle vittime. Poi i coltelli iniziano a scavare i colli e la scena finale, degna di un macello, sono le teste poste sui tronchi inanimati. Mi sono sforzato di guardare queste immagini e penso - anche se vado contro ogni principio - che debbano essere mostrate. Questo servirebbe a far capire a tutta quell'area grigia e ambigua di persone che alla fine riescono, di fronte a certi fatti, a trovare ancora qualche forma di giustificazione. Mentre quella in corso è una guerra e ogni forma larvata di comprensione finisce solo per far gioco a chi, in realtà, non vede l'ora di decapitare noi e i nostri figli. Ed è disposto a farlo senza alcun scrupolo. Non si tratta di aizzare all'odio o di predicare violenza contro la violenza, ma di capire che se questa forma di Stato Islamico dovesse diffondersi e soprattutto proseguire azioni qui, nel cuore dell'Occidente, allora nessuno potrebbe vivere più tranquillo. Lo stesso mondo islamico deve, senza "se" e senza "ma", mostrare quella condanna ferma, che è un presupposto indispensabile per la civile convivenza, che tutti auspicano nel confronto legittimo fra civiltà e religioni diverse. Questo rispetto e questa considerazione fanno parte del mio patrimonio culturale, nel solco di un pensiero occidentale che si è sdoganato da molti comportamenti indegni della nostra umanità, ma è bene che il mio, il nostro non venga letto come un atteggiamento lasso e perdente. Altrimenti chi non ha scrupoli o problemi a sgozzare un essere umano come lui rischia di averla vinta. Non posso non pensare ai familiari delle persone che sono state sgozzate e non posso non pensare a chi nel boia di turno ha riconosciuto un proprio figlio. Temo che all'orrore degli uni non sempre corrisponda l'orrore di chi ha un figlio assassino. Anche questo fa la differenza.