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21 ott 2014

Un'autonomia senza soldi

di Luciano Caveri

Ragionare sull'autonomia è un dovere: sappiamo bene che il regime autonomistico attuale, pur in parte tutelato da norme costituzionali, è ben diverso da un regime federalista. Per capirci: il federalismo non è una "concessione" ed i Paesi federalisti "veri" hanno nella fiscalità locale la chiave del sistema, non come in Italia dove i criteri di tassazione (e pure l'esazione) vengono decisi al centro, consentendo solo - così è per le Regioni - di aumentare le aliquote! Ma occupiamoci dei soldi, dell'«argent qui fait la guerre». Per molti anni il nostro ordinamento finanziario ha tenuto. Questo non è mai avvenuto "per grazia ricevuta", ma Finanziaria dopo Finanziaria - anche con l'uso delle norme di attuazione "a blindatura", ad esempio del fondo compensativo per il venir meno dell'Iva da importazione dei Paesi Cee - la battaglia era sempre stata campale. Ricordo notti intere alla Commissione bilancio della Camera a vigilare sugli emendamenti che si succedevano per evitare sorprese e, anzi, aggiungere qualcosa di buono per le casse regionali. Questo ha significato anche, sino a un certo punto, assumere - in una logica pattizia - nuove funzioni e competenze in cambio del fatto che non si toccasse la percentuale delle quote a noi spettanti. Meccanismo che si è bloccato con le norme d'attuazione, mai attuate, sul Catasto e la ferrovia alla Regione. Da qualche anno a questa parte, la situazione finanziaria è precipitata con un dimezzamento delle risorse e le ragioni non tocca a me spiegarle. Alla riduzione sino al suo esaurimento del già citato fondo compensativo si è sommato, infatti, l'uso crescente della "riserva erariale" dello Stato, che vuol dire che una parte della tassazione se la tiene Roma con la scusa del rientro dal debito pubblico e anche con il meccanismo del "Patto di stabilità" (che io ho denunciato quando altri erano silenti), che ha creato in certi anni il paradosso di avere i soldi ma di non poterli spendere. Ora, in modo crescente, si usa a Roma una politica furbesca: diminuisce con la "Legge di stabilità" la tassazione con evidenti ricadute sul riparto fiscale e questo - mi pare senza la dovuta partecipazione al Consiglio dei Ministri del presidente della Valle, come da obbligo statutario - "scarica" sulla Regione (e anche sui Comuni) la responsabilità di aumentare la tassazione. Roma ride e fa bella figura, Aosta piange e diventa "cattiva". Siamo davvero ad un corto circuito della nostra autonomia speciale. I poteri e lo spazio di autogoverno si impoveriscono via via attraverso questo svuotamento della capacità finanziaria. E siamo a livelli tali di "tagli", a causa evidentemente di problemi di interlocuzione e di credibilità politica, che ormai risuonano forte le sirene di allarme. Si tratta di uno svuotamento dell'autonomia che colpisce al cuore le prerogative economico- finanziarie. Sapendo che l'autonomia politica era già minata, in questi ultimi anni di "redde rationem", da una "mala gestio" della cosa pubblica. Di questo bisogna discutere, come stanno facendo le Province autonome di Trento e Bolzano, che hanno limitato i danni, facendo proposte intelligenti e facendo pesare il giusto equilibrio politico fra diritti e doveri derivanti dalla Specialità. Una strada già battuta, che basterebbe in parte seguire, segnalando come il "salasso" dei valdostani sia stato, nel breve, molto più elevato di qualunque ragionevole logica di "spending review". Esiste un buonsenso anche nel risparmio, che non può avere un effetto deflagrante su di una comunità. Ma, come dicevo, si tratta di una battaglia di tutti i giorni, nel quadro di una guerra politica e come tale guerra simulata, che concerne i rapporti, intendendoli come necessariamente corretti fra Istituzioni, nel quadro della stessa Repubblica. Si chiamerebbe, ma pare disatteso, il principio di "leale cooperazione". Se questo si interrompe, allora ogni strada diventa percorribile. Verrebbe da intitolare per sdrammatizzare: «Roma, non far la stupida stasera...». Purtroppo, però, c'è poco da ridere.