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17 set 2014

Il "retroscenismo"

di Luciano Caveri

Incomincio a soffrire di allergie. Da piccolo l'unica che avevo, che mi dava una leggero prurito sulla pelle, mi veniva se mangiavo le fragole. Oggi mi viene tutte le volte in cui leggo i "retroscena", che sono un vizio crescente del giornalismo con punte di particolare altezza senza eguali in Italia. Dove al vizio di mischiare notizia e commento, per cui devi raccapezzarti fra avvenimenti e loro interpretazioni, si somma il piacere estremo di rendere noto il "dietro le quinte" e il misterioso "dessous", compresa tutta la branca della dietrologia. Questo significa guardare dal buco della serratura, profittare di "notizie del diavolo" fornite da chi ne abbia interesse "contro", dar spazio a informazioni "Cicero pro domo sua" o anche dar sfogo alla propria inventiva o al piacere di creare scenari infilando pezzi di puzzle anche dove non si sa neppure se ci siano. Comprate quattro o cinque giornali di diverso schieramento e vedrete come ci sia in questa logica il chiaro paradosso di ricostruzioni, talvolta dissimili sullo stesso identico fatto, come se i cronisti fossero andati a vedere dei film diversi. Chiariamoci subito: nei limiti delle norme penali e della deontologia professionale ognuno può scrivere quel che vuole e non solo perché lo dice la Costituzione. Un'informazione libera e consapevole dei propri diritti e doveri è uno di quegli indicatori che dimostrano o meno l'esistenza della democrazia. Poi, visto che siamo stati cacciati dal Paradiso terrestre, è evidente che il giornalismo non è chiuso in una stanza asettica, i giornalisti non sono dei santi, i soldi per le imprese non crescono sugli alberi e la rete di interessi di vario genere non è un grazioso roseto.
Ma anzitutto il compito dell'informazione dovrebbe essere informare e dunque dare delle notizie. E invece cresce e si sviluppa, come rami della stessa pianta, il giornalismo militante travestito da indipendente e, come dicevo, si diffonde - e lo trovo peggiore perché quello militante ci sta - il gusto di dire che cosa avviene nelle "segrete stanze" e nei corridoi con un giornalismo previsionale più che fattuale. Questo raggiunge il suo apice nel settore della politica, che rischia non solo di camminare sulle gambe della cronaca e dei commenti, ma di strisciare nel fango del «si dice», del pettegolezzo e dello sputtanamento. Essendo come scrivo sempre la politica "sangue e merda" (ricordo spesso questa espressione del Ministro socialista Rino Formica), capisco che la "merda nel ventilatore" finisca per essere possibile oggetto di cronaca, ma - pur non essendoci nel giornalismo nulla di educativo - non vorrei neppure che si facesse credere che l'offerta sia solo il frutto di una domanda che viene dai cittadini. L'allergia si accentua quando, in salsa valdostana, i retroscena veri li conosci e allora sei in grado di apprezzare o disprezzare ancora di più i collegamenti logici e le tournure di pensiero. Se in buonafede capisci che, in fondo, si segue una moda che assorbe il giornalismo odierno, se in malafede, invece, è difficile la logica dell'"ego te absolvo". Anzi devo resistere alla tentazione di dire io per quali retroscena e per quali vantaggi si costruiscano certi retroscena o si tacciano particolari preziosi e illuminanti non perché si lascino per sbaglio nella penna. I fatti, in fondo, contano più di mille retroscena.