Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
12 set 2014

Orsi e lupi

di Luciano Caveri

Devo dire che alla Provincia autonoma di Trento, che da anni persegue con un progetto comunitario "Life Ursus" il ripopolamento del proprio territorio con gli orsi, che ormai sono più di cinquanta, non manca la sfortuna. E' di oggi la notizia della morte inaspettata della famosa orsa Daniza a causa della narcosi che le è stata effettuata per catturarla. Una scelta, quella di catturarla, che conseguiva ad un avvenimento - che aveva appunto dato notorietà all'orsa - del Ferragosto scorso, quando l'animale, in presenza dei propri cuccioli, aveva aggredito e ferito nei boschi di Pinzolo nel Trentino un cercatore di funghi, che aveva scampato la morte per la sua prestanza fisica. Questo aveva causato manifestazioni contrapposte fra i montanari - per lo più per la cattura e preoccupati dal pericolo del ritorno dell'orso - e gli animalisti, invece favorevoli al reinserimento e addirittura fautori di un boicottaggio del turismo trentino. Che pare un paradosso perché senza la Provincia autonoma gli orsi non sarebbero tornati...

Ora i fatti delle ultime ore: "In ottemperanza all'ordinanza che prevedeva la cattura dell'orsa Daniza, dopo quasi un mese di monitoraggio intensivo, la scorsa notte si sono create le condizioni per intervenire, in sicurezza, con la telenarcosi". Così si legge in una nota della Provincia di Trento, che prosegue: "L'intervento della squadra di cattura ha consentito di addormentare l'orsa, che tuttavia non è sopravvissuta". Insomma, la vicenda si chiude male per tutti, senza distinzioni. Noto sul Web reazioni all'avvenimento del tutto sproporzionate, perché per alcuni il mondo sembra girare solo attorno ad una questione di questo genere e, per natura, certi estremismi di alcuni animalisti paiono - con tutto il rispetto - degni di miglior causa. Perché il problema vero è: come conciliare il ritorno sulle Alpi degli animali catalogati come predatori e dunque selvaggi con particolari caratteristiche con la presenza umana? Analoga polemica si sta sviluppando nel vicino Piemonte fra chi spinge, anche con soldi comunitari, su di una larga diffusione del lupo e chi, invece, frena alla ricerca i soluzioni discusse. Propongo la lettura di parte di un comunicato che mi ha mandato l'amico occitano Mariano Allocco, scritto dalle associazioni "Alte Terre" e "Adialpi" di fronte ad un ciclo di conferenze organizzate per presentare il progetto "Life WolfAlps" capitanato dal Parco delle Alpi Marittime per - così dicono i promotori del progetto - avere "da fonti specializzate informazioni oggettive e imparziali" e "soddisfare dubbi e curiosità sul lupo". A questo le associazioni dei montanari e degli allevatori contrappongono queste tesi:

  1. "Il marcio viene dalla testa. Esiste ed è molto attivo un network in Europa (diretto dal "Lcie - Large carnivore iniziative for Europe", che coordinando sotto la guida del professor Luigi Boitani una trentina di ricercatori, selezionati tutti in base alla loro appartenenza al partito ideologico pro-lupo, elabora politiche protezionistiche e in particolare stabilisce le "linee guida" delle direttive e convenzioni europee senza lasciar spazio a confronti e discussioni con chi queste politiche deve subire. Un chiaro esempio dell'Europa oligarchica delle commissioni e dei burocrati che non prevede attenzione al metodo democratico e alle comunità umane! Che tristezza rendersi conto che in Europa ci siano molti soldi per ripopolare e proteggere lupi, orsi e linci sulle Alpi, mentre manchino del tutto per le necessità primarie dei bimbi di montagna, vera specie in estinzione".
  2. "Per i Parchi il lupo è un business. Sono ormai vent'anni (dall'Interreg II 1994 - 1999, dedicato al lupo) che il Parco delle Alpi Marittime è protagonista e capofila di queste politiche ambientali europee calate dall'alto, dissennate e anti-umane per portarsi a casa dei denari. Certo in tempo di crisi economica, con conseguenti difficoltà di bilancio, ogni Ente deve adoperarsi per finanziare le sue attività, ma riteniamo sia pratica immorale ricercare finanziamenti che sono pubblici per sviluppare attività che provocheranno sicuri danni a un'intera categoria professionale che da millenni vive in modo sostenibile sulle Alpi. Un dirigente pubblico responsabile non può auto-giustificarsi con la solita litania che "lo vuole l'Europa". In effetti, a ben guardare, non interessa veramente il lupo in quanto tale, ma piuttosto i finanziamenti che da due decenni la politica pro grandi carnivori riesce ad ottenere. Con la solita miopia non si fa cosa serve al territorio, ma cosa è finanziato da un potere lontano mosso da interessi spesso inconfessabili. Spiace davvero constatare il nuovo e indebito ruolo assunto dai Parchi, i quali approfittando del vuoto di rappresentanza politica della montagna, promuovono o partecipano a progetti che condizionano negativamente la vita dell'uomo sul Monte, ponendosi in conflitto con la popolazione locale. E spiace ancor più vedere su questo stesso fronte impegnato direttamente e attivamente anche il Corpo Forestale che mette a disposizione (in questo caso ottenendo in cambio alcune "Land Rover" pagate da "WolfAlps") caserme e uomini al servizio di un'ideologia ambientalista di matrice anglosassone (stile WWF), estranea alla cultura e alla storia delle Alpi, che potrà provocare solo danni".
  3. "Lupi e pastorizia. Nelle zone frequentate da branchi di lupi la situazione è diventata insostenibile per chi svolge attività pastorali. Quale imprenditore può accettare di essere attaccato nella sua proprietà in modo imprevedibile e violento senza aver alcun diritto a difendersi e a reagire? Qualunque ladro o assassino che entri nel mio negozio o in casa per depredare e uccidere, magari avrà le sue ragioni e avrà fame, ma io se riesco non cercherò di fermarlo? E per il pastore il suo gregge, la sua ricchezza, non è fatta di cose o di beni rimborsabili, ma di bestie vive che condividono la sua vita, che conosce e ha selezionato da generazioni e che hanno per lo meno lo stesso diritto naturale di vivere dei lupi aggressori. Con quale diritto contro natura si vuole impedirgli di reagire attivamente agli attacchi? Nessun rimborso può ripagare il danno subito, lo stress imposto, il venir meno del senso del proprio lavoro. Solo riconoscendo il ruolo sociale del pastore con i suoi diritti di pascolo e di protezione attiva delle sue bestie potrà diminuire la conflittualità tra "uomini del monte" e lupi, non certo con la politica sin qui adottata di compensare in qualche modo i danni con denaro: non alleviamo per nutrire dei predatori".
  4. "Antropofagia. L'antropofagia non è fantasia letteraria, ma una realtà concreta, attestata dovunque nella storia, che solo la follia ideologica vuole ignorare ad ogni costo. E' ben vero che i lupi un tempo tendenzialmente evitavano gli esseri umani per timore atavico, pur se negli archivi storici si trovano testimonianze (anche in Piemonte o in Liguria) che attestano casi di attacchi ripetuti contro persone da parte di uno stesso branco ormai avvezzo all'antropofagia, con conseguente mobilitazione dell'intero villaggio minacciato sino all'eliminazione dei lupi coinvolti. Le rassicurazioni dei sedicenti esperti, cattedratici che mai hanno vissuto la campagna, sono ridicole e si confutano da sole: se "secoli di persecuzione hanno portato la specie a temere l'uomo e a sfuggirlo in ogni modo", oggi che non è più perseguibile si arriverà in fretta a una popolazione di lupi priva di timore nei confronti dell'uomo... e allora l'aggressione ad un essere umano non sarà più "un'ipotesi molto remota"! D'altra parte, sono numerose le testimonianze di attacchi all'uomo recenti in India, in Turchia, in Russia ed anche in Nord America (quest'ultimi, particolarmente significativi perché avvenuti all'interno o nei pressi di Parchi dove era avvenuta la reintroduzione) e purtroppo anche qui da noi nelle valli cuneesi si continuano a moltiplicare le segnalazioni di situazioni critiche di pre-attacco da parte di lupi sull'uomo. Abbiamo fondato timore che ormai sia solo più questione di tempo...".
  5. "Quale convivenza? E' impossibile una convivenza pacifica e duratura tra lupi e animali domestici all'interno di uno stesso areale: i territori di caccia degli uni non possono coincidere con le zone di pascolamento degli altri. La compresenza genera inevitabilmente conflitti, come l'esperienza di questi anni mostra in modo inequivocabile. Le misure di prevenzioni proposte, recinzioni elettrificate e cani da difesa, come abbiamo già da tempo denunciato, sono per lo più inefficaci e solo in alcune situazioni utilizzabili. I pastori e la "gente del monte" sono consapevoli che le mutate condizioni antropiche e sociali della montagna, così come i cambiamenti della mentalità collettiva giù in pianura, renderanno per lungo tempo (misurabile in decenni) necessaria la convivenza forzata con i lupi. Occorre dunque creare le condizioni giuridiche affinché tale convivenza non si attui a tutto svantaggio della gente e dei pastori di montagna, ai quali bisogna garantire la possibilità di difendersi quando si sentono minacciati nelle persone e nei propri animali. Negare il diritto naturale all'autodifesa, oltre che espressione di intollerabile arroganza e disprezzo per chi si trova nella condizione di vittima, significa abbandonare a se stessa un'intera categoria sociale, non riconoscere dignità all'antico mestiere praticato, non accettare che l'inevitabile scontro tra pastori e lupi sia giocato ad armi pari! Il lupo è un carnivoro predatore, che evidentemente ha un diritto naturale ad uccidere altri animali per nutrirsi. Sceglierà in base alla sua convenienza, alla disponibilità della preda, alle possibilità di successo, all'esperienza già acquisita dal branco, indipendentemente dal fatto che siano animali selvatici o domestici. Esiste un diritto, anch'esso naturale, del pastore alla difesa attiva di fronte a predatori specializzati che si muovono in branco. Ora, da quando sono disponibili armi da fuoco (nelle Alpi a partire dal XVII secolo), l'uomo ha contrastato la predazione del lupo sparando. L'intento deve essere quello di non far scordare alle nuove generazioni di lupi reintrodotti l'antico fondamentale imprinting: tenersi lontano dagli esseri umani perché possono rappresentare un pericolo per la loro sopravvivenza. Non si tratta di sterminare, ma di far comprendere al lupo nell'unico modo tecnicamente possibile che il bestiame domestico non è mai una preda conveniente! Sull'esempio di quanto accade in altre aree geografiche extraeuropee dove si convive tradizionalmente con i lupi ed anche di quanto si sta già sperimentando in alcune zone delle Alpi francesi dove il Prefetto ha concesso di pascolare armati (con primo sparo in aria), sarà anche da noi necessario superare il tabù e concedere ai pastori che lo reputino necessario per la vicinanza di lupi ai propri animali di portare un'arma durante il pascolamento. Basterà dotarsi di un regolare porto d'armi e limitarsi ad agire all'interno dei propri terreni di pascolo".
  6. "La politica è assente! Chi governa la montagna piemontese? Davvero si vuole lasciare in mano ai funzionari dei Parchi la politica ambientale sulla montagna? Morte le comunità montane, con i sindaci assorbiti da mille problemi e dai diktat finanziari, chi resta a rappresentare nelle sedi istituzionali opportune la voce dei montanari? Qual è la posizione dell'Assessorato alla montagna che ha pure la delega sui Parchi? Il vuoto lasciato dalle istituzioni elette negli ultimi anni è stato progressivamente riempito da politiche unilaterali, impegnate solo a difendere una "Natura" intesa in modo astratto, ideologico, urbano. Nelle mani di fanatici ambientalisti la protezione assoluta dei grandi predatori diventa una nuova forma di colonizzazione della montagna, tesa ad imporre un'immagine della natura e dell'ambiente tipicamente cittadina. Si sta preparando un avvenire in cui la "gente del monte" o si chiude in una riserva, in un parco cintato, o sarà meglio scomparire, emigrare, perché si compia il barbaro progetto di "ri-inselvatichimento" delle Alpi! Noi montanari non ci stiamo, alziamo la voce, e attendiamo che anche la politica ufficiale prenda posizione". Ecco dunque le conclusioni con toni forti: "Bisognerebbe chiedersi quale sia il senso della strategia delle direttive ambientali europee, chiedersi dove sia il controllo democratico di queste politiche, le cui pesanti conseguenze ricadono puntualmente sulla testa di chi vive in montagna, favorendone ulteriormente l'abbandono. Non vogliamo che questi soldi siano spesi per la protezione di animali pericolosi per gli esseri umani: le conseguenze di lungo periodo, negative ed irreversibili, per la vita dell'uomo sulle Alpi sono ben maggiori dell'indotto positivo di qualche posto di lavoro nei Parchi. Ci piacerebbe far comprendere che la tutela dell'ambiente non passa attraverso la costituzione e il continuo e preoccupante proliferare di aree protette, nelle quali i predatori troverebbero il loro habitat naturale (la cosiddetta famigerata rete di "Natura 2000"), ma dalla giusta e rispettosa presenza dell'uomo che con la natura convive e lavora quotidianamente. In alpe questo equilibrio vige da secoli, come sanno bene tutti gli amanti della montagna che nel loro tempo libero salgono quassù per gite e escursioni, mentre non sembra potersi dire altrettanto quando si scende in pianura. Non Parchi, non lupi vogliamo, ma poter vivere e lavorare in armonia con la nostra Terra, dando un futuro ai nostri figli". Si può essere d'accordo in toto o in parte o pure dissentire, ma non è democratico che certe voci non vengano ascoltate a sufficienza.