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03 set 2014

Trasmettere gli orrori

di Luciano Caveri

La forza delle immagini nella trasmissione di una notizia è un dato certo e il suo uso si è fatto via via più sofisticato. Seduti davanti alla nostra televisione o davanti a un computer o un tablet, assistiamo in tempo reale alle immagini che arrivano dal mondo e scorrono davanti. In un passato non troppo distante, le immagini remote arrivavano, ma ben più rare, meno efficaci e questo avveniva, in più, a giorni di distanza e dunque opportunamente attutite. Oggi, con immediatezza rispetto all'accadimento, debordano e riempiono i nostri occhi e i nostri cervelli e questo ci sta cambiando profondamente.

Da homo sapiens diventeremo - e c'è chi ha già giocato con le definizioni - "homo super sapiens", "homo electronicus" o forse "technologicus". Una vale l'altra, conta la sostanza di una nuova dimensione che ci offre sempre più collegamenti e assieme nuove solitudini. Abbeverarci di immagini è un esercizio, per altro, che ci occupa ormai per parecchio tempo e in ogni giorno di questa nostra vita a componente digitale, perché "essere connesso" implica anche questo sguardo verso le vicende che capitano e, si sa, che a fare più notizia restano le cattive notizie. Bontà e positività non sfondano, purtroppo, ma anche nel museo degli orrori bisogna sempre alzare il prezzo per finire in primo piano. Lo sanno bene i jihadisti, che hanno deciso di spettacolarizzare sempre più le loro esecuzioni di vario genere, che siano giornalisti americani o combattenti di opposte fazioni islamiche. Il comune denominatore - nel solco dell'11 settembre del 2001 con gli aerei trasformati in arieti - è l'orrore delle esecuzioni in favore di telecamera, rimandate in fretta via Internet dappertutto per una duplice ragione. Fare paura a tutti quelli che non sono baciati dal "Dio giusto" e devono sentirsi minacciati e, nel contempo, esaltare chi gode di queste uccisioni. Se poi si procede con un coltellaccio con cui si sgozza l'"infedele" la spettacolarizzazione diventa macabro compiacimento, specie se il boia, con la faccia nascosta, commenta l'esecuzione in un impeccabile inglese britannico. Che dovrebbe ricordarci come certi assassini siano fra di noi, pronti ad agire. Anche l'orrore è fatto di réclame e di marketing e il terrorista della "Jihad" sa che deve compiacere il pubblico a sua favore e terrorizzare i suoi avversari. E' nato, come conseguenza, il tema - con risvolti anche etici - su cosa fare delle sequenze in cui un carnefici taglia il collo ad un poveraccio. Operare censure totali o parziali, consentire una diffusione senza limiti, mostrare con opportuno commento? I principali "social" hanno già scelto per noi, bloccando la diffusione di video di esecuzioni, considerando la componente propagandistica e di esaltazione di certi gesti. Io non sono così convinto che l'oscuramento sia una scelta giusta per evitare che qualcuno faccia adepti e esalti, nella sua ripetizione, l'aspetto dimostrativo di certe terribili imprese. Se la realtà è questa, quel che conta è che si costruisca una robusta opposizione contro certe scelte terribili e inumane e bisogna che si sappia - nel rapporto fra amico e nemico - con chi si ha a che fare, a costo di far godere quei supporter di certi macellai indegni di appartenere al consesso umano. Ad azione reazione.