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27 ago 2014

L'estremismo islamico sull'uscio

di Luciano Caveri

La politica internazionale è un dedalo in cui bisogna fare attenzione a non perdersi e per questo sono sempre stato cauto. Ma ormai la mondializzazione ti porta i problemi sull'uscio di casa, come avviene di questi tempi in cui, per varie ragioni, l'Italia è purtroppo nel mirino del terrorismo degli estremisti islamici. Mi ha segnalato, un amico, un articolo di Alberto Negri sul "Il Sole - 24 ore" su "Isis", questo gruppo armato estremista islamico che domina la scena con i suoi orrori. L'acronimo deriva da "al-Dawla al-Islamiya fi al-Iraq wa al-Sham", che si potrebbe tradurre come "Stato islamico dell'Iraq e di al-Sham". L'inizio di Negri è storico e politico e parte da un assunto: "Il passato di rado può suggerire soluzioni politiche al presente ma racconta una storia da conoscere. Quella dell'Iraq e della Siria appartiene a un intreccio complesso". Nella sostanza: sono Stati artificiali, nati dalla volontà colonialista e finiti nelle beghe eterne fra sciti e sunniti e poi in questo clima avvelenato dell'estremismo islamico. Ma Negri così affonda il coltello: "Sia la Siria che l'Iraq oggi sono degli ex Stati, presenti in maniera virtuale sulla mappa geografica e nessuno né in Occidente né in Medio Oriente, a parte l'Isis, ha un piano politico alternativo al mantra dell'unità nazionale ripetuto in maniera stucchevole dalla diplomazia internazionale. Siamo quindi a un bivio: o si ricostituisce questa unità nazionale, evocata a ogni pleonastica conferenza mediorientale, oppure si deve affrontare la balcanizzazione del Medio Oriente. Gli europei, che hanno assistito senza fare nulla alla disintegrazione della Jugoslavia, sono in materia degli esperti. In Siria per mantenere in vita lo stato si deve trattare con il regime alauita: continuare a ripetere che Bashar Assad deve andarsene come fanno americani, europei, arabi e turchi, non serve e non è servito a nulla. Il crollo secco di un regime, come in Iraq e in Libia, trascina il Paese in un'anarchia ancora più profonda e in un caos che fanno soltanto il gioco del Califfato. In Iraq l'unica via è quella di riportare i sunniti al governo e dentro le stanze del potere. Rifare l'esercito con ufficiali sunniti nei posti di comando per evitare che intere divisioni si sciolgano come gelati al sole senza combattere davanti all'avanzata di alcune centinaia di miliziani. La soluzione di armare i peshmerga è utile soltanto a tamponare la situazione: i curdi possono difendere il loro territorio ma non imporre l'ordine nel resto dell'Iraq. Sono una minoranza non troppo popolare e per di più non araba". Segue una spiegazione ancora più dettagliata, prima del finale provocatorio: "Ma c'è anche l'altra soluzione. Lasciare che il Califfato faccia il suo corso, annientando le minoranze religiose, sfidando l'Occidente e i regimi avversari per frantumare la regione. Adesso ci appare una soluzione orribile ma siamo sicuri che questa alternativa qualche mese fa non sia stata accarezzata in più di qualche cancelleria? Un articolo e una mappa pubblicati dal "New York Times" il 29 settembre 2013 - il Califfato era già in piena azione - prendevano in considerazione la possibilità che i conflitti e le rivolte in corso potessero provocare la frammentazione di alcuni stati arabi in unità più piccole. L'articolo di Robin Wright, ex corrispondente a Beirut ed esperta di relazioni internazionali, scatenò allora accesi dibattiti negli Stati Uniti mentre in Medio Oriente nascevano ipotesi su un nuovo piano dell'Occidente, di Israele e di altri soggetti malintenzionati per dividere gli stati arabi in entità più piccole e più deboli. Congetture? A pensare male si fa peccato ma spesso ci si azzecca, diceva qualcuno". Insomma, tutto difficile. A me, come cittadino, colpisce, fra tutte le questioni, questo tema dei giovani occidentali, quasi tutti di origine araba ma anche con dei convertiti alla causa, che partono per quei Paesi e diventano spietati assassini. Hanno scritto su "Repubblica" Alberto Custodero e Alix Van Buren: "Sono almeno quaranta i jihadisti partiti dall'Italia verso i fronti siriano e iracheno. E' allarme rosso, secondo i servizi segreti. I mujaheddin italiani vengono monitorati nel timore che nel futuro, radicalizzati e addestrati di ritorno dal Medio Oriente, organizzino attività ostili contro il nostro Paese. In più, con il "sì" delle Camere alle armi ai curdi, l'Italia è nel mirino dei terroristi. La probabilità di un attentato è altissima, avvisa l'intelligence. S'è già visto nel caso di Jarraya Khalil, di stanza a Zenica, arrestato a Bologna con l'accusa di guidare una cellula integralista islamica. O del genovese convertito all'Islam Ibrahim Giuliano Delnovo, ucciso mentre combatteva ad Aleppo con la "Brigata dei Difensori e dei Migranti" diretta dal ceceno Abu Omar". Questo capita ancor di più in Paesi come Regno Unito (il boia che ha sgozzato il giornalista americano è cittadino britannico!), Stati Uniti e Francia. Il "caso francese", Paese colonialista, ha qualche analogia con le vicende italiane, così come si stanno sviluppando. Ho letto, rabbrividendo, un reportage su "France24", che così inizia: "Salahudine est un djihadiste français, âgé de 27 ans et originaire de la région parisienne, parti combattre il y a sept mois en Syrie. Parce qu'il connaissait depuis plusieurs années notre journaliste Charlotte Boitiaux, il a accepté de se confier, à elle seule, sous couvert d'anonymat". Ecco cosa dice in un passaggio dell'intervista: "Je vais mourir en Syrie. Bientôt, sûrement. Sur cette terre que je ne connais que depuis sept mois. Le djihad, c'est une façon de vivre - et de mourir. Mais avant de rejoindre Allah, j'aimerais bien laisser une trace de mon court passage sur Terre. (...) Un mois avant mon départ, je ne dormais plus. Allah m'a fait comprendre que ma terre n'était plus ici, en France. Il fallait que j'aille en Syrie pour racheter mes péchés. Avant, je sortais en boîte, je buvais de l'alcool, j'étais un mec de la dounia (qui n’est intéressé que par les biens matériels, ndlr). Le djihad est devenu une obligation. Je n'ai fréquenté aucun réseau, crois-moi. Je ne connaissais personne. J'ai préparé mon voyage tout seul. Pendant une semaine entière, j'ai retiré 1000 euros par jour à la banque. Puis ce fut le grand départ". Poi, appunto, l'orrore, l'odio e la violenza, che non possono avere alibi e giustificazioni e che in Occidente dobbiamo contrastare: ne va della convivenza civile e della vite nostre e dei nostri cari. Capisco che è una semplificazione, ma bisogna pur avere qualche punto fermo!