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25 ago 2014

Scopri l'intruso

di Luciano Caveri

Ormai bisogna abituarsi a tutto e le lettura quotidiana della cronaca politica consente di osservare fenomeni inaspettati e non ci si finisce mai di stupire. Ho l’impressione che ne vedremo delle belle dai "prossimamente" estivi, che ci annunciano la complessa stagione autunnale. Verranno al pettine a Roma i rapporti con Bruxelles e la "legge di stabilità" dovrà porre dei punti fermi, dopo il cicaleccio estivo. Penso che la tradizionale svagatezza della stagione non significherà oblio del mare di promesse in un periodo nel quale raramente alle dichiarazioni seguono i fatti o quantomeno quelli che erano stati annunciati. Sulla situazione politica ad Aosta stendo un velo. Ma intanto le agenzie sfornano, come spunto, le notizie le più curiose. Così Beppe Fioroni, cattolico-popolare del Partito Democratico, viterbese mio coetaneo dall'immediata simpatia ciociara, con un "tweet" inviato al premier segretario Matteo Renzi ha proposto ieri al suo partito di dedicare la "Festa nazionale dell’Unità" ad Alcide De Gasperi. Conosco bene Fioroni, per le frequentazioni parlamentari, e ricordo che tre anni fa, di questi tempi, aveva picchiato duro sulle regioni più piccole, dicendo: «dobbiamo assolutamente riflettere non solo sull'abolizione o meno delle Province, ma anche riguardo le Regioni. Se la Germania pensa davvero di accorpare i Land, noi dobbiamo chiederci: ci possiamo permette il lusso di avere ancora Molise, Basilicata, Umbria, Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano?». Ora questa sortita su De Gasperi («cosa strana», come ha detto la figlia dello scomparso), in occasione del sessantesimo anniversario dalla morte dello statista trentino, cui si deve nel secondo dopoguerra una parte di responsabilità del depotenziamento dell’autonomia come attesa dai valdostani. Ovviamente il PD è libero di fare quel che vuole, ma trovo che questo fatto minore sia uno straordinario indicatore dei tempi attuali. A me viene in mente il giornalista e scrittore Giovannino Guareschi, che pochi mesi prima della morte di De Gasperi, per una causa di diffamazione per delle carte pubblicate sul giornale "Il Candido" sull'esponente democristiano, finì in galera per più di un anno. Guareschi - intendiamoci subito - fu un uomo pieno di contraddizioni, ma si deve alla sua penna - e poi alla trasposizione cinematografica con Gino Cervi e Fernandel - quella storia divertentissima della lite perenne, con sfondo di affetto, fra il sindaco comunista Peppone e il prete del paese Don Camillo nell'immaginario paese dell’Emilia-Romagna chiamato Ponteratto. Quella coppia in discussione su qualunque cosa nell'Italia avvolta dalla "guerra fredda" era comunque significativa di un mondo in cui il bianco era bianco e il nero era nero. La Valle d’Aosta, in questo bipolarismo all'italiana trasformatosi poi lentamente, per via del proporzionale, in una babele di partiti e partitini, aveva una sua identità, dovuta al fatto che fra i vasi di ferro nacque e si sviluppò, come "vaso di coccio" in certi momenti, il mondo autonomista con la nascita dell’Union Valdôtaine. Una sorta di terza via in un’epoca fortemente ideologica. Il "caso De Gasperi" è oggi significativo di una bussola che sembra non funzionare più. In Italia le "larghe intese", ma anche le molte anime del PD - ex Partito Comunista Italiano ed ex Democrazia Cristiana che convivono! - provvisoriamente domate da un Matteo Renzi "decisionista" assieme premier e capo del partito, fanno capire che esiste questa difficoltà per il cittadino di scorgere differenze in una sistema dei partiti che tende a diventare una massa omogenea nel nome delle diverse emergenze. Ma l’apparente uniformità dell’elegante prato all'inglese, tolta l’immagine di superficie, dimostra l’esistenza di una sorta di verminaio. In Valle d’Aosta vale, per analogia, questa corsa al "tutti autonomisti", che fa sorridere pensando che alcuni autonomisti "de fero" (come dicono i romani) hanno trascorsi palesemente antiautonomisti, ma hanno capito come il mimetismo serva per fare gli affari propri o per ricavarsi uno spazio politico. Non è per nulla un "happy end", ma un fenomeno che deve preoccupare perché l’esercito autonomista troppo allargato potrebbe poi ritrovarsi, al momento buono, protagonista di una rovinosa sconfitta "alla Caporetto" per la diserzione di chi, avendolo già fatto, non ha problemi a tornare all'ovile di una visione antivaldostana, oggi nascosta sotto la casacca giusta per la bisogna. Per cui bisogna che si giochi con serietà al gioco "scopri l'intruso".