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25 giu 2014

Non demonizziamo il burro

di Luciano Caveri

Gli incontri casuali della vita innescano incroci anche nelle abitudini alimentari. La mia famiglia ne è un esempio. Mio papà, per quanto di una famiglia di antiche origini liguri, era imbevuto - visto che era già valdostano di seconda generazione - dalle usanze a tavola della nostra Valle. Non che l'olio di oliva, beninteso, gli fosse sconosciuto, ma il burro - il principe della cucina alpina - gli piaceva eccome e, anzi, da buon veterinario, conosceva pure prodotti di nicchia, specie d'alpeggio, che deliziavano i nostri palati. Ricordo del burro, con stampi tradizionali impressi, paradisiaco. Mia madre, ligure, cucinava quel che aveva imparato lì, specie per suo padre, Emilio, che dopo una carriera militare, era diventato commerciante d'olio e aveva un palato allenato ad analizzare in profondità gusti e aromi. Questo vuol dire che l'olio a casa mia è sempre rigorosamente d'oliva e comprato a Imperia, dove se ne conosceva la qualità. Questo, tra l'altro, mi permette di riconoscere quanta schifezza viene venduta in Italia come "olio d'oliva", specie il prelibato "extravergine". Per cui, quando il burro, negli anni Settanta ha cominciato ad essere demonizzato, per motivi di salute, da noi non è stato un problema. Immagino, ma penso che nessuno abbia mai fatto i conti, che invece lo sia stato per i quantitativi prodotti in Valle, perché molti sono passati agli oli e ad altri prodotti vegetali come la margarina (inventata dal farmacista francese Hippolyte Mège-Mouriès per rispondere al concorso indetto da Napoleone III nel 1869 per fornire alla marina un sostituto del burro, più economico e che potesse conservarsi per lungo tempo senza irrancidire!). E' qualche giorno che si discute nuovamente della questione per un titolo - "Mangiate il burro. Gli scienziati hanno bollato i grassi come nemici. Ecco perché si sbagliano" - comparso sulla copertina del prossimo numero del "Time", dove appare in primo piano l'immagine di un ricciolo di burro. Ora si aspetta l'uscita del giornale, ma c'è chi ha ricordato che, qualche mese fa, lo scienziato Fred Kummerow, in un articolo sul "New York Times", dichiarò che assumere in piccole dosi i grassi contenuti nel burro, nei formaggi, nel latte e nella carne (altra accusata da tanto tempo!) ha un effetto benefico sulle arterie. In realtà la riabilitazione dei grassi saturi, quelli di origine animale, accusati dell'intasamento delle arterie e dei guai connessi, era già cominciata. Ho trovato un articolo del "British Medical Journal", scritto dal cardiologo Aseem Malhotra, che dice: «è arrivato il momento di dire basta al mito dei grassi saturi nelle malattie cardiache». La cattiva fama dei grassi saturi e in primis del burro - ricordava Malhotra - ha avuto inizio nel 1970, quando nel famoso studio dei "sette Paesi" (quello che esaltò la "dieta mediterranea") i ricercatori trovarono una correlazione tra livello di colesterolo e malattie cardiache. Da qui il diktat contro i grassi nell'alimentazione e in particolare quelli saturi, che avrebbero fatto aumentare la frazione "Ldl" del colesterolo, quello cosiddetto "cattivo", e vi fu la demonizzazione conseguente di alimenti come il burro. Studi più recenti non hanno trovato alcuna correlazione tra l’assunzione di grassi saturi nella dieta e rischio cardiovascolare. Naturalmente si parla sempre di quantitativi ragionevoli! Addirittura, questi grassi risulterebbero, come ho già detto, protettivi per il cuore, in particolare se assunti attraverso i latticini. Una delle ipotesi degli scienziati è che le vitamine "A" e "D", di cui è ricco il latte, contrastino il rischio di malattie di cuore con il loro effetto di contrasto all'ipertensione. Anche la carne rossa risulta riabilitata. A far male sarebbero, semmai, gli additivi, sale e conservanti. Una dieta troppo povera di grassi saturi produrrebbe il contrario dell'effetto sperato. Lo dimostrerebbe il fatto che anche dove i grassi sono stati ridotti nell'alimentazione della popolazione, come è avvenuto negli Stati Uniti, l'obesità è in continuo aumento. Il tanto temuto colesterolo - concludeva Malhotra - trattato in tutto il mondo con le "statine" (che costituiscono ormai un'industria multimiliardaria) non sarebbero il principale responsabile di infarti e ictus. I veri colpevoli andrebbero ricercati semmai tra alcuni prodotti di cui la grande industria alimentare da largo uso: i grassi idrogenati, il sale, gli zuccheri e altre amenità ben visibili sulle etichette, utilizzate per rendere più appetitosi cibi che, una volta tolti i grassi, non saprebbero di niente. Gli zuccheri in particolare sono alla base della sindrome metabolica, quel quadro di sintomi, dall'obesità alla glicemia alta, che comporta - dicono gli esperti - un alto rischio per il cuore. Insomma: l'industria casearia valdostana dovrebbe dirlo forte e chiaro che un po' di burro, come gli altri prodotti del latte, fa bene!