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01 mag 2014

Tra stallo e attesa

di Luciano Caveri

Che nessuno si annoi in questi frangenti. L'appello è d'obbligo e ne scrivo volentieri, deludendo chi in vario modo (di persona, per telefono, via mail, sms o whatsapp) mi ha chiesto previsioni come se fossi un aruspice. In realtà gli avvenimenti si susseguono e bisogna farsi trascinare con curiosità dalla corrente e chi vivrà vedrà. Nella politica valdostana - e nell'ampia pubblicistica sulla crisi, che ormai ai vecchi editoriali, che girano in tondo come le trottole, preferisce la battuta pungente da "social" - è andato in onda lo "stàllo", nella sua accezione di "situazione di immobilità, senza possibilità di soluzione". Su questo si è giocato in lungo e in largo fra allusioni di vario genere. Direi che ci siamo tutti divertiti dalle battute fulminanti, tranne chi, in grigioverde d'ordinanza, picchia duro senza alcun umorismo, perché in guerra permanente e effettiva e poco conta - lo dico con un sorriso mesto (ossimoro) - che sia sincera adesione guerriera o truppa mercenaria. I mercenari sono i più affaticati, perché nello stallo loro stanno fermi e in contemporanea - contro ogni legge della fisica - si muovono verso eventuali nuovi lidi, con lo stesso impegno dinamico dell'ape che vola di fiore in fiore, ma con il finto immobilismo di una mummia egizia. Vedremo più avanti, con logica retrospettiva, se di stallo vero o fasullo si sia trattato e se alla fine ci sarà - mi pare possibile - una soluzione differente dalle elezioni anticipate, anzi anticipatissime. Ma la parola "stallo" la si sarebbe potuta adoperare - pensando ai meravigliosi e istoriati stalli della Chiesa di Sant'Orso, pieni di allegorie suggestive - nella accezione parallela, quella di "ampio sedile destinato a una persona importante". Interessante questa assonanza con la sedia, quella che si vuole tenere e quella che dovrà essere occupata. Nella volgarizzazione del potere questa storia della "poltrona" sembra diventare un'ossessione.
Ora si passa alla attesa, dal verbo "attèndere", dal latino "attendĕre - rivolgere l’attenzione". Della serie, insomma, all'erta sto! Per gli autori dei giochi di parole segnalo una serie di derivati: di fonte militare "attendènte", da uso generale c'è "attendìbile" e il contrario "inattendìbile", ma anche l'utile "attendìṣmo". Certo gli avvenimenti di queste ultime settimane hanno avuto il pregio di risvegliare la discussione e di dimostrare che la costanza paga. anche di fronte a situazioni che sembrano bloccate e immutabili. La goccia scava la roccia. E, almeno per quel che mi riguarda, dal punto di vista ideale il futuro è chiaro per chi crede nell'autonomismo federalista, valendo quanto scritto da Edgard Morin, come considerazione generale: «La vraie nouveauté naît toujours dans le retour aux sources».