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21 apr 2014

Dietro l'espressione "Renaissance"

di Luciano Caveri

Scegliere un titolo unificante per un periodo storico è sempre stata una giusta tentazione e ovviamente l’uso di un certo termine finisce poi per poter essere decontestualizzato per usi diversi. E' il caso della scelta delle minoranze in Consiglio Valle di definire il proprio manifesto politico, come programma alternativo a quello della maggioranza, come "Renaissance". L'utile "Treccani" ci supporta in un viaggio che ci può aiutare a ricordare come il Rinascimento - definizione trasferita tardivamente in italiano dal francese, in cui si affermò grazie alla voce di Jean Baptiste Le Rond D'Alembert nel "Discours préliminaire de l'Encyclopédie" - sia stato un "periodo di storia della civiltà che ebbe inizio in Italia con caratteristiche già abbastanza precise intorno alla metà del 14° secolo ed affermatosi nel secolo successivo, caratterizzato da una fruizione consapevolmente filologica dei classici greci e latini, dal rifiorire delle lettere e delle arti, della scienza e in genere della cultura e della vita civile e da una concezione filosofica ed etica più immanente. Destinato a estendersi successivamente e a differenziarsi nei diversi campi della cultura e dell'arte, ma con vaste risonanze in ogni settore della vita e dell'attività dell’uomo, il moto rinascimentale oltrepassò presto i confini dell'Italia per diffondersi negli altri Paesi europei. I suoi limiti cronologici possono fissarsi con buona approssimazione tra la metà circa del Trecento e la fine del Cinquecento, anche se alcuni studiosi tendono a circoscrivere l'arco cronologico tra il 1400 e il 1550, altri tra il 1492 e il 1600". La sintesi offerta dalla "Treccani" è così riassumibile, estrapolando qualche frase: "la Renaissance è stata una "rivoluzione" che ha aperto la via alla civiltà moderna quale epoca di illuminazione progressiva in antitesi con le tenebre medievali"; "il Rinascimento si pone consapevolmente come rottura, costruendo la propria immagine nei termini di un programma di rinnovamento contro una civiltà esaurita: una cultura luminosa che si oppone a un mondo tenebroso di barbarie"; "per gradi, il risorgimento dell'antichità classica diventa rivoluzione, una grande "rivoluzione culturale" che investe tutto il pensiero filosofico e scientifico, le arti e l'architettura, la politica e il diritto, la vita religiosa, mentre il mito dell'antico si estende e si trasforma". Si potrebbe aggiungere molto a questi brevi cenni, ma quel che conta è come un riferimento si possa oggi trasformare in un titolo applicato all'attualità. Io penso che "Renaissance" significhi, prescindendo da tempi e modalità con cui avverrà il cambiamento, un cambio di passo e di scenario nella politica valdostana. L'inesorabile accentramento di potere (oggi arroccamento su posizioni indifendibili) su di una sola persona, con una vera e propria deriva autoritaria, che sembra ormai - pur sul viale del tramonto - oltrepassare ogni logica, assume sempre più un carattere anacronistico, fuori da ogni logica e contrario radicalmente al senso di comunità che i valdostani devono pretendere, specie da parte di chi - in area autonomista - si appella, senza provarne vergogna, ai valori di libertà del federalismo.