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12 apr 2014

Non girare con la maschera

di Luciano Caveri

«Tous nous serions transformés si nous avions le courage d'être ce que nous sommes». Così la scrittrice Marguerite Yourcenar, in una frase che sento molto mia: il coraggio di essere quel che siamo. Non è banale, visto il rischio nella vita di trovarsi di fronte a scelte in cui, al posto di accelerare si frena, per tutte le paure che possono venire dai cambiamenti, in primis quelli personali. Capita così di scegliere di portare una maschera sul proprio volto e di non essere più, con questo travestimento di comodo, quel che sentiamo di essere. Terribile l'ammonimento del grande Luigi Pirandello, che nei suoi lavori, ha approfondito il tema: «Imparerai a tue spese che lungo il tuo cammino incontrerai ogni giorno milioni di maschere e pochissimi volti». Ripenso ogni tanto a quando, a cavallo fra il 2012 e il 2013, decisi con dolore di lasciare casa mia, l'Union Valdôtaine, per essere uno dei fondatori dell'Union Valdôtaine Progressiste. Le ragioni dei miei turbamenti erano facili per il ruolo della mia famiglia - in particolare del suo leader per decenni dalla fondazione, purtroppo dimenticato, Séverin Caveri - nella nascita del Movimento autonomista storico, ma sono fiero che ci sia stato un ruolo anche precedente dei miei familiari nella "Jeune Vallée d'Aoste", cui si deve il coraggio di aver tenuta viva la fiamma dell'autonomismo negli anni tetri del fascismo. La mia vita politica a questo si è ispirata, finendo per far scintille con chi, della politica, aveva ben altra concezione, ma ha sempre portato una maschera che celasse con cura le vere intenzioni. Oggi, a poche ore dal primo Congrès dell'UVP, dopo un anno ricco di vicende politiche piene di soddisfazioni, posso dire che chi se n'è andato in quel frangente aveva visto lungo. Sono i fatti di oggi della politica valdostana a dimostrarlo, con una Union Valdôtaine ormai partito personalista in mano ad una sola persona, che fa del suo potere personale l'unico ideale politico, trascinando nel baratro un partito a pochi mesi dai 70 anni dalla sua nascita. Una circostanza che colpisce e che conferma, allo stato attuale, che chi ci bollò come «traditori», annunciando una battaglia interna all'UV, contro il "cesarismo rollandiniano", per ora tace e abbassa la testa con obbedienza. E mi fermo qui sul punto, perché non voglio scrivere sgradevolezze, sperando che qualcuno venga fulminato, con una conversione, come San Paolo sulla via di Damasco. Tra l'altro buona regola in politica è guardare avanti e non nello specchietto retrovisore, sennò si va a sbattere. E' quel che farò, guardando con fiducia al futuro, al Congrès a Fénis, sabato prossimo.