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15 feb 2014

Questa storia dei marò

di Luciano Caveri

Non ho mai scritto di questa storia dei due marò, perché non l'ho mai capita fino in fondo e ancora oggi confesso un vivo stupore per una vicenda gestita in modo sgangherato. Qualche antefatto riguardante l'odissea dei due fucilieri di Marina, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone. Due anni fa, esattamente il 15 febbraio 2012, la nave italiana, "Enrica Lexie", con a bordo una squadra di sei fucilieri di Marina per protezione contro i moderni "pirati", denuncia un tentato attacco, che viene respinto, sparando, dai militari. In realtà si trattava di un peschereccio indiano e a bordo vengono uccisi due pescatori. Le autorità indiane chiedono alla nave di sostare a Kochi per identificare gli aggressori, ma si capirà che si trattava di una trappola. L'India, nel silenzio di Roma che peserà in seguito, fa conoscere al mondo la sua posizione, definendo «assassini» i marò, che sostengono di aver sparato solo a scopo intimidatorio. Il 21 febbraio 2012, il ministro degli Esteri, Giulio Terzi di Sant'Agata, invia in India il sottosegretario agli Esteri, Staffan De Mistura, che seguirà da allora ad oggi i continui rivolgimenti di campo. Intanto, a marzo, i marò, pur con qualche privilegio, finiscono in galera. Negli stessi giorni, il presidente del Consiglio Mario Monti telefona al primo ministro indiano e ribadisce la tesi italiana: i fatti sono avvenuti in acque internazionali e dunque la giurisdizione sul caso è solo italiana. Anche l'Unione Europea scende in campo su richiesta di Roma, mentre il Governo riferisce in Parlamento e si svolgono le prime manifestazioni di piazza in favore dei marò. In India inizia la politica dei rinvii delle udienze giudiziarie e delle dichiarazioni ondivaghe. Il 30 maggio 2012 viene concessa ai marò la libertà dietro cauzione in attesa della sentenza della Corte suprema. I due fucilieri italiani risiedono in un hotel e ogni giorno devono firmare un registro in commissariato. Saltiamo un po' di tappe, fra sollecitazione e speranze, ed eccoci al 13 dicembre 2012, quando il segretario generale della Farnesina convoca l'ambasciatore indiano. Al capo missione indiano viene ribadita la sollecitazione che la sentenza della Corte suprema di Nuova Delhi sul caso dei due fucilieri venga emessa prima dell'inizio delle festività natalizie... Solito gioco di attese e rinvii, ma il 20 dicembre 2012 viene accordata una licenza per le festività natalizie. I marò arrivano a Roma tre giorni dopo, accolti dalle massime autorità dello Stato. L'11 marzo 2013, già in ritardo rispetto al rientro, la Farnesina comunica la decisione di far rimanere in Italia i due fucilieri di marina. Il Primo ministro indiano definisce «inaccettabile» questa decisione e il 14 marzo 2013 la Corte suprema indiana chiede - momento di massima tensione - all'ambasciatore d'Italia Daniele Mancini, garante dell'accordo, di non lasciare l'India. Il 21 marzo 2013 il Governo italiano decide di far tornare in India i due fucilieri di marina. L'India ha garantito che non applicherà la pena di morte nel processo ai militari, secondo quanto assicurato dal sottosegretario dal solito De Mistura. Da allora questo sarà uno dei motivi del contendere fra conferme e smentite sulla pena capitale. Colpo il 26 marzo 2013: il ministro degli Esteri, Giulio Terzi, annuncia alla Camera le dimissioni in disaccordo con la decisione del Governo Monti di far rientrare i due fucilieri in India.
Il 16 settembre 2013 - attenzione al punto! - l'India chiede di poter interrogare gli altri fucilieri presenti all'incidente. L'Italia non lo consente e questo è un punto centrale, perché sono in tanti, sottovoce, a sostenere che potrebbero essere stati altri marò a bordo ad aver sparato. Da inizio anno, ripartono voci sulla possibile applicazione della pena capitale da parte delle autorità giudiziarie indiane Le ultime sono che non ci sarà pena di morte, ma - in attesa di qualche forma di pronunciamento - si vocifera di un'accusa di terrorismo con il rischio di dieci anni di galera e non i due inquisiti. Insomma: un disastro. La cronaca breve lo dimostra. Paiono essere mancati un filo conduttore, tattiche e strategie difensive. Ma, cosa più grave, emerge la leggerezza del peso internazionale dell'Italia, che mostra i muscoli, senza averli.