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09 feb 2014

Napolitano a Strasburgo

di Luciano Caveri

Ho rivisto la registrazione del discorso del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, pronunciato a Strasburgo, nella sede delle riunioni plenarie del Parlamento europeo. Stendiamo subito un velo pietoso sulla gazzarra in aula dei leghisti, che ormai sono in carenza di ossigeno e quindi obbligati ad azioni di questo genere per resistere, situati in uno spazio politico sempre più a destra, che li ha definitivamente allontanati da ogni credibile riferimento al federalismo. il discorso del Presidente è stato, come sempre in queste occasioni, di grande profilo. Ho trovato due passaggi importanti. Il primo riguarda i rischi che l'Europa soffochi per un eccesso di austerità: «E' naturale che nel dibattito la priorità sia una svolta capace di condurre a un effettivo rilancio della crescita e dell'occupazione. Si ritiene che non regga più una politica di austerità a ogni costo che è stata finora la risposta prevalente alla crisi dei debiti». Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che conosce bene la politica europea, sa perfettamente che l'applicazione della politica finanziaria europea potrebbe far scattare per l'Italia la tagliola del "fiscal compact", il meccanismo in vigore da poco più di un anno e che prevede misure draconiane per i Paesi che non rientrino dal deficit di bilancio. E noi non siamo solo "sorvegliati speciali", ma siamo sulla porta di una specie di commissariamento, umiliante e gravoso. Penso che Napolitano veda arrivare un'Europa a due velocità, che farà giocare l'Italia in "serie B". Poi il tema del "no all'euro", che dai sondaggi, in vista delle elezioni europee, raccoglie in Italia il consenso di tre italiani su dieci. Un atteggiamento di «un disarmante semplicismo», secondo il Capo dello Stato, che ha aggiunto senza mezzi termini: «C'è vacua propaganda e scarsa credibilità nel discorso di quanti hanno assunto atteggiamenti liquidatori verso quel che abbiamo edificato nei decenni scorsi». L'antieuropeismo è una malattia, di cui la campagna contro l'euro è la punta di diamante, soprattutto perché non si capisce davvero a che cosa porterebbe di diverso e di migliore il ritorno alla povera lira. Ma conta solo la spinta suggestiva, pagate alla pancia vuota e non la sostanza e la debolezza politica del disegno europeo, in una fase difficile dell'economia, che rende più poveri e taglia lo Stato Sociale, creando questo clima di sfiducia e populismo nazionalistico. Lo dice chi ha sempre scritto sul fatto che il deficit democratico e l'Europa degli Stati non stanno portando sulla strada giusta nei rapporti con i cittadini. L'Assemblea ha capito che Napolitano parlava con il cuore e gli ha tributato il giusto riconoscimento, ma va precisato che si è trattato di un apprezzamento ad personam al vecchio europeista, più che all'Italia che lui rappresentava in quel momento. Per risalire la china nella credibilità da parte dei nostri partner europei la strada è lunga e impervia ed Enrico Letta - nella bufera della politica italiana e tenuto in piedi proprio per la Presidenza italiana dell'Unione europea nel secondo semestre di quest'anno - rischia di essere, anche in questo, utile capro espiatorio. Un peccato proprio per la sua onesta e limpida formazione europeista. Ma è lo spietato tritacarne della politica.