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18 gen 2014

Strettamente personale

di Luciano Caveri

Ci vorrebbe un rullo di tamburi o una bella musica romantica. Ma, comunque sia, un annuncio è sempre un annuncio ed esprimo qui - anche se bisogna sempre farlo in punta di piedi - la mia felicità. Sabato mi sposo e, in effetti, è un argomento strettamente personale. Tuttavia, avendo o forse avendo avuto un ruolo pubblico non mi trincero in questa mia pagina dietro la privacy. Chi fa politica non può nascondersi - solo quando gli fa più comodo - dietro la "foglia di fico" del privato. Spesso chi si cela dietro una sfera di riservatezza, lo fa solo quando deve costruirsi un alibi. Esemplari i "presidenti francesi" che si fanno fotografare in casa con la loro famiglia o nel tempo libero con cani o cavalli, ma poi, se vanno a letto con un'attrice e li beccano, allora - a destra come a sinistra - urlano contro la violazione dei propri spazi più intimi. O vale sempre o non vale mai.

Mi sposo, dicevo. Lo faccio con Mara, di cui mi sono innamorato anni fa e con cui abbiamo avuto un bambino, che ride e scherza con il fratello e la sorella avuti dal primo matrimonio e che condividiamo con la mia ex moglie, cui si deve gran parte del merito che siano due ragazzi meravigliosi. Nella vita si possono susseguire gli amori: chi nega la circostanza è un ipocrita. Certo quando ci si separa e si divorzia non tutto è rose e fiori. Ci sono dolori e recriminazioni, ma è sempre meglio di certi "tira e molla" o commedie degli equivoci e delle bugie. Ho dei colleghi in politica che hanno famiglie di cartapesta o corrono dal confessore per sentirsi a posto con la loro coscienza perché tradiscono. Così sabato mi sposo e sono contento di essere circondato dall'affetto di chi ci sarà, parenti e amici. Scherzavo coi miei cugini del fatto che, alla mia età, ci si vede quasi sempre per i funerali e perciò dovrebbero essermi grati per aver dato loro un'occasione gioiosa. Ringrazio, parimente, tutti coloro che, in vario modo, si sono fatti vivi per le felicitazioni: anche uno sposo dai capelli ormai grigi è contento che ci sia chi condivide con affetto questa circostanza. So, per una prima esperienza, che già non ero più un ragazzo, che il giorno del proprio matrimonio è faticoso. Si finisce distrutti con la faccia sfatta, i piedi cotti e la pancia piena e non escluderei - tanto non guido - un goccetto nelle vene. Ma rivedersi, anni dopo, farà tenerezza, come mi è capitato quando ho trovato in un cassetto le foto dei miei genitori, sposi nella chiesa di Arnad, ormai più di sessant'anni fa. Grande mistero la vita, che ci pone di fronte a fatti e circostanze, a gioie e dolori, ad alti e bassi, al cuore che batte e che, alla fine, si ferma. Siamo creature fragili e forti, semplici e complicate, sorridenti e piangenti. Ma, comunque sia, emozioni e passioni sono il carburante che ci fa andare avanti e scrivere pagine nuove nel libro insondabile della nostra esistenza. Così torna alla memoria, dai tempi della scuola e della letteratura latina, l'amore contrastato di Catullo e quei suoi versi che attraversano i secoli: "Godiamoci la vita, o Lesbia mia, e i piaceri d'amore; a tutti i rimproveri dei vecchi, moralisti anche troppo, non diamo il valore di una lira. Il sole sì che tramonta e risorge; noi, quando è tramontata la luce breve della vita, dobbiamo dormire una sola interminabile notte. Dammi mille baci e poi cento, poi altri mille e poi altri cento, e poi ininterrottamente ancora altri mille e altri cento ancora. Infine, quando ne avremo sommate le molte migliaia, altereremo i conti o per non tirare il bilancio o perché qualche maligno non ci possa lanciare il malocchio, quando sappia l'ammontare dei baci".