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09 gen 2014

Il caso Schumacher

di Luciano Caveri

Ormai da giorni i media si occupano del brutto incidente in sci del campione di Formula 1, il pluripremiato Michael Schumacher, per altro sciatore di buon livello e in ottima forma fisica. Capisco la sua notorietà e la circostanza di una scarsità di notizie in periodo natalizio, ma all'ospedale di Grenoble, si è vista una ressa inaudita di giornalisti, operatori e fotografi, degna di fatti ben più gravi e segno di una sorta di cortocircuito dell'informazione. Domina, infatti, la ricerca del sensazionalismo e la speranza del macabro, come si è visto anche con certe esagerazioni attorno alla recente scomparsa - sperando che sia a lieto fine - dell'insegnante aostana, Christiane Seganfreddo, che ha fatto perdere le sue tracce in circostanze commoventi. Ma torniamo al pilota tedesco, che è ancora in coma, dopo il brutto incidente fuoripista a Méribel, in cui ha riportato una grave lesione cerebrale, causata da un impatto contro una roccia affiorante dalla neve, che ha spezzato in due il casco che indossava. Chi conosce la zona mi ha spiegato - e lo si è visto anche da certe riprese televisive - che non si tratta di un vero e proprio fuoripista, ma di una zona - che finisce per essere battuta, pur sassosa che sua, dal passaggio continuo di sciatori - che collega due parti del comprensorio. Per ora le versioni differiscono e non si capisce se Schumacher viaggiasse o no ad alta velocità (secondo le ultime notizie parrebbe di no), ma di certo il parquet di Albertville farà piena chiarezza sulla dinamica. Credo che sia giusto avere delle certezze, proprio per il clamore creato dagli avvenimenti e per la vasta discussione apertasi sui comportamenti che debbono essere tenuti dallo sciatore in certi casi. A parte i soliti "montagna killer" o "montagna assassina" che sono formule sbagliate e abusate, resta il fatto che sul pericolo valanghe e sul fuoripista si scrivono troppo spesso - commentando a sproposito le notizie nude e crude delle agenzie - delle vere baggianate. Valanghe e slavine incombono d'inverno e il grado di pericolosità è ragionevolmente prevedibile e non a caso vengono emanati appositi bollettini, che offrono le indicazioni utili e gli appositi suggerimenti. Il fuoripista è una pratica, che si declina in modi diversi, ma che ha come presupposto la conoscenza dei luoghi e delle condizioni della neve e del meteo. Quando ci sono degli stati di allerta, che vietano o più ragionevolmente limitano il fuoripista, bisogna prenderne atto e non far finta di niente. Ho visto in vita mia, all'epoca in cui ero un giovane cronista, dei morti sotto la neve: non è un bello spettacolo.