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03 gen 2014

A due passi dal 2014

di Luciano Caveri

Si chiude fra poco un anno e, come da qualche tempo, il mio San Silvestro avrà una dimensione intima con alcuni amici. Ci sono stati anni - beata gioventù - in cui l'imperativo categorico era quello del divertimento a tutti i costi. Ho sempre avuto un côté organizzativo, che mi spingeva a scelte logistiche, alla determinazione del vettovagliamento e persino alla proposta dei cotillons più adatti alla bisogna. In alcuni periodi - prima di determinare che si trattava di una cosa che faceva troppo soffrire i poveri cani - mi sono pure occupato dei munizionamenti e cioè dei fuochi d'artificio. Oggi la dimensione è quella di una buona cena, dei buoni vini (poi non guido) e le lunghe chiacchiere che ti portano sino alla Mezzanotte con una bottiglia di champagne in mano e nessuna particolare follia. Qualche telefonata a chi vuoi bene per un pensiero perché non è con te e così, senza clamori o mondanità, si cambia pagina del calendario con quella scritta - 2014 - che diventerà familiare solo dopo qualche settimana. Quando di questi tempi ci si guarda attorno, c'è poco da stare allegri e i propositi per l'anno che verrà finiscono per essere basici e non troppo svolazzanti. Ho sempre odiato gli eccessi retorici, ma di questi tempi odio ancor di più qualunque tipo di discorso enfatico e ampolloso. Ma mi fa schifo anche il contrario e cioè la retorica a rovescio e cioè la retorica dell'antiretorica, di chi si rifugia in buonismi, populismi, frasi fatte per compiacere. Entrambi, come opposti che si toccano, mi danno il voltastomaco. C'è bisogno - e si può dire bene e con le parole giuste - di verità nella sua nudità e crudezza per dare un senso a questo anno nascente dalle ceneri di un periodo in cui ci vuole forza per mantenere speranze e ottimismo. E, d'altra parte, serve il lasciarsi andare e farsi inghiottire dal pessimismo? A chi giova l'abbattimento e l'abbandono? Non so se ci sia oggi qualche disegno che pesa sull'Italia e pure, con dinamiche che mi preoccupano perché vedo molte cose in filigrana, sulla Valle d'Aosta. Ma resta il fatto - semplicissimo - che alla democrazia, scalcinata e talvolta mefitica, non ci sono alternative, proprio se non ci si lascia condurre o irreggimentare. Devono per questo restare intatto il senso civico, l'impegno civile, la voglia di reagire e di fare. Ogni tanto mi domando dove stia andando la comunità valdostana cui appartengo, in questa Italia dolente e in un'Europa in crisi di identità e se ci siano medicine per curare certe malattie che ci stanno avvelenando la vita. Alla fine la risposta - haute et forte, come si dice in francese - è ancora positiva, perché questo dev'essere il motore della nostra vita e lo dobbiamo a noi stessi e a chi ci sta vicino. Questo è il mio augurio per il 2014: la consapevolezza che ciascuno di noi conta.