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19 dic 2013

Mai chiudersi a riccio

di Luciano Caveri

Chi milita in un partito autonomista non vive in una bolla di sapone, vagando nel cielo. Ha perfetta consapevolezza che i rapporti politici e, quando il caso, le alleanze sono un fatto necessario per non morire nella semplice difesa - invero anacronistica per un federalista - dei propri confini. Ecco perché non c’è nulla di stupefacente nel ritenere opportuni contatti politici in Italia e anche in Europa. Questa "diplomazia parlamentare" è stata una parte del mio lavoro di parlamentare prima a Roma alla Camera e poi a Bruxelles al Parlamento europeo ed al "Comitato delle Regioni".

Ho imparato, avendo il privilegio di una carriera cominciata da un ruolo importante, che bisogna essere modesti e umili in questi rapporti e comportarsi come una spugna, cercando di assorbire il meglio di quello che si incontra. Bisogna saper bilanciare l'ascolto con la propria voglia di intervenire e, quando lo si fa, bisogna farlo in modo documentato e pertinente ed è l'unico modo per ottenere un riconoscimento dell'attività che si svolge. Credo che non ci sia nulla di eccezionale: chiunque, qualunque ruolo si trovi a svolgere, deve avere questo atteggiamento aperto e curioso, sapendo che studiare le idee degli altri e ricopiare modelli vincenti è uno dei motori del progresso dell'umanità e lo è per il progresso di ciascuno di noi, anche nel proprio piccolo. Ricordo un'idea che avevo coltivato, da presidente di Regione, di avere in tutti i Paesi dell'Unione europea una o più Regioni con cui intrattenere rapporti attorno al tema centrale dei fondi comunitari, cercando alleanze che passassero attraverso comunanza di problemi, che fossero cementati dall'assonanza come minoranza linguistica, zona di montagna o alta percentuale di autogoverno. Pensavo che fosse un filone da seguire, malgré moi, ma evidentemente c’è chi preferisce guardare al proprio ombelico, piuttosto che tessere questi fili di accordi e di amicizie. Per questo, ad esempio, trovo stimolante riflettere sulle proposte di Matteo Renzi e non certo per salire in qualche modo sul carro del vincitore. Ma perché oggi Renzi incarna un vasto settore politico con cui bisogna fare i conti e per dialogare bisogna capire quali saranno le sue posizioni su temi essenziali, che riguardano il nostro futuro. Capisco che il filone è grossomodo quello già evocato a livello comunitario. Penso appunto alle autonomie speciali e al loro ruolo nel quadro di un'eventuale riforma federalista su cui sarebbe bene capire le intenzioni per evitare che il poco di riforma che c'è stato in questo ambito non diventi, come già si vede, una controriforma centralista. Lo stesso vale per i problemi delle minoranze linguistiche e dei territori montani, perché per una realtà come la Valle d'Aosta questi sono due filoni privilegiati ed è bene sapere quale strade si intenda intraprendere. In un periodo di crisi come questo, il rischio è quello di sprofondare in un provincialismo che leghi l'autonomismo storico al mugugno e alla rivendicazione. Ma in politica chi gioca in difesa e immagina la tattica del "catenaccio" è un perdente, bisogna essere attaccanti e innovativi e coltivare i rapporti politici. La convinzione delle proprie idee, la bontà delle scelte e la determinazione in un percorso onesto e corretto, consentono di interloquire con successo e di non chiudersi a riccio in una logica avvilente e rischiosa.