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09 dic 2013

La pernacchia presidenziale

di Luciano Caveri

Se fossi Giorgio Napolitano, che continuo personalmente a stimare anche se certi passaggi mi appaiono ostici da capire e temo siano avvenuti nel nome della scivolosa "ragion di Stato", terrei supersegreto il messaggio di fine anno, trasmesso di consueto dallo studio del Quirinale. Un palazzo che ho avuto l'onore di vedere in diverse circostanze e che ha sale e saloni che lasciano stupefatti. Da residenza papalina a residenza reale e poi infine - portandosi dietro una fama di Palazzo menagramo - sede della Presidenza della Repubblica. Penso che, seduto alla sua bella scrivania, il nostro presidente ottantenne (tra poco saranno 89) dovrebbe scegliere due strade. La prima mi piacerebbe molto, ma so essere impossibile per quel suo tratto signorile e anglosassone. Si trarrebbe di una napoletanissima, come lui, pernacchia in diretta televisiva. Secondo lo "Zanichelli" di questo si tratta: "rumore volgare che esprime disprezzo e derisione, eseguito con la bocca o anche premendo le mani sulla bocca: fare una pernacchia a qualcuno; prendere qualcuno a pernacchie". Spiega il dizionario etimologico: "Il latino vernacŭli (pl.) è attestato col valore di "buffoni" nel latino di epoca imperiale, mentre la forma vernàcchio (oggi pernàcchio) è citata dal D'Ambra (394) da un testo napoletano del secolo XVI; per p- in luogo di v- Maccarrone cita alcuni esempi paralleli, ma in questo caso si può invocare l'accostamento al napoletano pérete scorreggia". Forse la più famosa è la pernacchia di Totò nel film "I due marescialli", dove si esplicita questo tipo di sberleffo come il punto massimo di una contestazione rumorosa e non violenta. Un'applicazione di questa definizione la ritroviamo nel film "L'oro di Napoli", nell'episodio conosciuto come "Il Professore". C'è Eduardo De Filippo che propone un distinguo tra pernacchia e pernacchio: il vero strumento di offesa sarebbe proprio il pernacchio; la prima, la pernacchia, sarebbe, invece, una forma decadente e di scarsa qualità, un parente povero del grande pernacchio, distinguibile in "di petto" e "di testa" ed Eduardo ne dà dimostrazione. Ma questo, come dicevo, non avverrà. Allora c'è un "piano B", la seconda strada della premessa: che il Presidente Napolitano dica tutto, con la sua prosa asciutta e magari buttando via i fogli, visto che sa andare perfettamente "a braccio". Dica che in questa storia di farsi rieleggere alla Presidenza, in nome della "Stabilità", c'era stato un ampio consenso e tanti accordi pian piano traditi come lo sfogliare una margherita petalo dopo petalo. Alla fine, il Capo dello Stato ha dovuto - troppe volte - metterci la faccia e far pesare la sua credibilità, che ha perso inevitabilmente per strada dei pezzi. Oggi è venuto il momento, senza pietà, di dire nomi e cognomi di chi ha fatto cose diverse da quelle concordate e sbatta la porta, andandosene dal Quirinale, lasciando una breve comunicazione: «Accà nisciuno è fesso», accompagnata dal decreto di scioglimento delle Camere.