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29 nov 2013

Ricevimento parenti

di Luciano Caveri

Ogni età ha i suoi mal di pancia anche rispetto ai problemi di quel mondo, tutto particolare, che è la scuola. Quello del "ricevimento parenti" è un rito che dura sino al limitare dell'Università, anche quando i figli sono - in un clamoroso batter d'occhio, che corrisponde, purtroppo, al proprio personale invecchiamento - diventati dei "marcantoni". E' il caso del mio figlio quasi diciottenne, che mi mangia in testa, come io facevo con mio papà, segno che l'evoluzione della specie funziona. Questo meccanismo di incontro fra genitori e professori è una delle cose rassicuranti della vita. Mentre la tecnologia avanza a passi da gigante, compreso il "registro elettronico" che impedisce ai poveretti di "tagliare" da scuola e di nascondere i voti peggiori, la modalità continua ad assomigliare ai miei tempi e non la immagino molto dissimile da quella dei miei nonni. Il "vis à vis" con i "prof" mi mette sempre una certa ansia, forse per motivi caratteriali, avendo un penchant ereditario sul fare in fretta «per non perdere tempo». Uno si trova in una lunga coda, che si basa sull'individuazione dell'ultimo in attesa e con qualcun altro che incombe alle spalle e qualche genitore che con il telefonino in mano usa i corridoi come un proprio ufficio. Al docente tocca la sintesi e al genitore un'interlocuzione breve in cui si spera di cogliere l'essenza del problema senza che sguardi di riprovazione, per un'attesa troppo lunga, ti attendano all'uscita. Poi, a lunghe falcate, con lo schemino della scuola in testa e la corrispondenza tra "prof" ed aula, si ripete la stessa scena sino - se ci si arriva - all'esaurimento della lista. Un cimento che fa spogliatoio fra genitori, che intrecciano i dialoghi più vari nelle attese. Bisognerebbe trascrivere questi dialoghi, autentico spaccato di vita vissuta in una generazione di genitori molto più presenti e apprensivi di quelli delle generazioni passate. Lo dimostrano i ragazzi che accompagnano i genitori (spesso solo per fare i furbi con le code), fatto impensabile in passato, a meno di esplicita e ferale richiesta degli insegnanti stessi. Abbiamo creato per i nostri ragazzi un nido abbastanza confortevole, malgrado l'angoscia crescente per le loro prospettive di lavoro. Non credo che siano dei "bamboccioni", sarebbe del tutto ingiusto. Ma che esista una rete protettiva di noi genitori è evidente e i rapporti in passato erano affettuosi ma più ruvidi. Penso a mio padre, sempre presente in caso di bisogno, tuttavia meno disponibile per tutte quelle cose che prevedevano che noi ragazzi dovessimo ragionevolmente "disciularci" da soli. Speriamo che la loro vita, oggi di certo in salita per le condizioni generali, sia piena di cose belle e di tanti ricevimenti parenti.