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08 nov 2013

Ottimismo, menzogne e calcoli politici

di Luciano Caveri

Mamma mia, com'è difficile fare i conti con i propri sentimenti: l'esperienza accumulata, che dovrebbe dare - forse! - una dose di saggezza, certo non basta per far fronte alla vita e alle sue circostanze. Questo vale, a maggior ragione, quando guardare al futuro non offre grandi certezze. L’ottimista, in questa fase storica che non verrà rimpianta, è messo di conseguenza a dura prova. Lo dico a mio discapito, visto che faccio parte della categoria, per stato d'animo e per convinzione, e perciò lotto per restarci. Ma la partita non è sempre facile e molto spesso resto sulle mie posizioni, vincendo solo ai rigori o persino con il lancio della monetina. Consapevole che molte ragioni porterebbero a militare nella squadra dei pessimisti. Poi vale, ad ammonimento, Mark Twain, quando scriveva: «Nulla è più triste a vedersi di un giovane pessimista, eccetto un vecchio ottimista». Ma penso che, nel secolo trascorso dalla morte dello scrittore americano, molte cose siano cambiate nella percezione dell'età. Certi appelli alla pazienza - che dispensa l'ottimista - rischiano non solo di cadere nel vuoto, ma anche di fare un vuoto attorno allo speranzoso, se raggiunge livelli di fiducia eccessivi. Il confine fra ottimismo e stolidezza so essere, in certe circostanze, estremamente fragile. D'altra parte se ci fermiamo un attimo ad osservare con il necessario straniamento, dico in Italia ma potrei restringere il campo alla Valle d’Aosta per non pensare troppo in grande, gli scenari sono cupi e sembrano vincere i "cattivi", malgrado le cose vadano male anche per loro evidenti responsabilità, abilmente celate. Sembra di dar ragione all'umore nero di Cesare Pavese, quando nel "Mestiere di vivere", uscito, peraltro, postumo, scriveva: «L'arte di vivere è l'arte di saper credere alle menzogne». Direi che ha ragione da vendere, perché è comodo prendersela con chi le bugie la racconta, ma è bene ogni tanto accendere il faro anche su chi - magari per quieto vivere - se le beve. Ne conosco molti: sono dei costruttori di alibi e pretesti, della serie "vorrei ma non posso". In realtà non hanno coraggio e fingono di non vedere e se sveli certi altarini fanno ancora i fessi stupiti, come se ciascuno fosse una "Bella addormentata nel bosco". Vi è ancora chi accarezza illusori calcoli politici della serie: raggiunto il fondo risaliremo. Aspettano la loro chance, quieti ed accucciati, pensando che poi basterà una mano di biacca a ridare la necessaria freschezza per mettersi dalla parte del vincitore.