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20 set 2013

Occhio all'industria!

di Luciano Caveri

L'industria declina ancora in Valle d'Aosta e sarebbe davvero interessante fare un "focus group" specifico, che desse conto della situazione e della sua evoluzione negli ultimi anni. Certo molte delle aree che dovevano essere ripopolate da imprese - pensiamo alla parte di area "Cogne" liberata dalla siderurgia o alla vasta superficie ex "Illsa Viola", ma anche ai capannoni vuoti di "Vallée d'Aoste Structure", già sede di fabbriche - e invece gli esiti sono ben lontani dalle speranze. Significativa è la scelta - che ritengo temeraria - di dare in comodato la ex "Tecdis" di Châtillon, parlando di riutilizzo - con un revamping - delle "camere bianche", che con i miei occhi ho visto non solo essere obsolete, ma neppure più funzionanti per la lunga chiusura della fabbrica. Si è scelto di dire di «no» ai molti artigiani locali, che chiedevano spazi da occupare (come avvenuto proprio nell'area "Cogne") e si insegue invece un progetto "importato", che dovrà dimostrare che quelli attuali sono pregiudizi e non presagi. Spiace che nella definizione di nuovi utilizzi e nella ricerca dei partner (non parlo dei piccoli numeri degli incubatori) non si sia tenuto conto dello studio della "Ambrosetti", che spiegava le piste da seguire per attrarre società in Valle. Si trattava di trovare gruppi solidi ed evitare quel fenomeno, più volte manifestosi nel tempo, del "prendi i soldi e scappa" o anche quei cordoni ombelicali con grandi gruppi, che ti legano poi alle loro crisi, com'era avvenuto direttamente con l'"Olivetti" del tempo che fu e, indirettamente e non molto tempo fa, con l'importante indotto "Fiat". Simbolo della preoccupazione resta la più grande azienda della Valle, la "Cogne", fabbrica siderurgica storica e oggi di proprietà del gruppo svizzero Marzorati. Non ho ragioni per essere né ottimista né pessimista, ma certo la siderurgia in Italia e in Europa sta passando un brutto momento e non a caso - anche per il complessa vicenda giudiziaria dei Riva a Taranto, dove aleggia lo spettro del disastro ambientale e dell'attentato alla salute pubblica - il Governo italiano promette misure di sostegno e lo stesso fa, con apposito piano che dovrà derogare alla severa disciplina degli aiuti di Stato, l'Unione europea. Si coglie il rischio che l'Europa sia privata di un pilastro per la propria economia e ci si preoccupa giustamente, nel siderurgico, cosa causerebbe un effetto di chiusure a catena, che avrebbe un effetto disastroso su questo settore e su un vasto indotto, attraverso l'intero Vecchio Continente. Tornando alla Valle, va detto che in questi ultimi mesi l'emorragia dei posti di lavoro e la crescita della disoccupazione sono andati di pari passo. Magari è mancato il caso macroscopico, ma l'esito negativo è spesso la sommatoria dello stillicidio delle chiusure o di ridimensionamento occupazionale di piccole imprese. Chi denuncia questi fatti non lo fa con il sorriso, nel gioco della torre verso chi governa, ma lo fa con il muso lungo di chi, giorno dopo giorno, vede prospettive sempre più cupe e mancanza di strategie reali per contrastare gli avvenimenti.