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07 set 2013

Così parlò Follioley

di Luciano Caveri

Qualche mese fa, con l'aiuto di Giacomo Sado, già caporedattore della "Rai" di Aosta, il noto imprenditore valdostano Giuliano Follioley ha scritto - ed è andata a ruba - una sua autobiografia, in cui racconta la sua vita dal dopoguerra sino ad oggi. E' la storia di un self-made man, partito dalla gavetta e cresciuto nel settore edile e non solo per poi, con vicende in epoca di "Tangentopoli", veder crollare il suo impero nel volgere di poco tempo. Conoscevo la sua storia dagli albori per i racconti di mio zio Ulrico Masini, veterinario storico in bassa Valle. Follioley, nel lontano 1979, fu il mio secondo datore di lavoro ai tempi della televisione privata "RTA - RadioTeleAosta", situata ad Aosta in cima al "Palazzo Fiat", e mi fa piacere che mi abbia citato - come giovane giornalista e negli sviluppi successivi - in quella parte del libro dedicata all'avventura televisiva. Avrebbe potuto diventare un "Berlusconi", ma allora non colse la potenzialità del mezzo. La mia esperienza fu intensa, ma durò in realtà pochi mesi, perché alla fine di quell'anno - e fu la mia fortuna - venni licenziato, perché ero un po' troppo "esprit libre" rispetto ad almeno due assessori del Governo regionale di allora, che ottennero la mia testa. Due mesi dopo, per una serie di fortunate combinazioni, entrai alla "Rai", segno che bisogna sempre aspettare, prima di capire se certi fatti della vita risultino, alla fine, positivi o negativi. Lo ricordo il Follioley di quegli anni: un duro, un decisionista, che aveva fama meritata di lavoratore indefesso, che sapeva apprezzare i collaboratori capaci. Naturalmente il pelo sullo stomaco ce l'aveva e nel libro non nasconde questo suo carattere rude, che me lo ha sempre reso simpatico con quel sorriso furbo e gli occhi chiari e penetranti, di chi si era abituato a non abbassare mai lo sguardo. Una sicurezza, frutto di inizi difficili e dolorosi, che racconta bene nel libro, segno che il successo se l'era costruito, sapendo osare e dandoci sempre dentro. Il libro è sincero e lascia traccia anche delle sue speranze per il futuro della Valle e chi ha visto il cammino di tanti decenni di rivolgimenti della società locale è certo in grado di farlo, perché Follioley ha un cervello fino e ha saputo cavalcare il boom economico come pochi altri in Valle. Se avesse voluto, con il libro, avrebbe potuto far tremare qualcuno e non solo chi ha lasciato il potere da anni, ma direi che - detto di aver scelto di distruggere i documenti accumulati nel tempo - qualche ammonimento fra le righe lo lancia "a buon intenditor...". Trovo esemplare per la lucidità il passaggio, che non cadrebbe nel nulla se sul punto non ci fosse una sordità che cela complicità, sull'autostrada, che lui ha pure costruito. Scrive: "Oggi, da Pont-Saint-Martin sono andato ad Aosta. Ho viaggiato a singhiozzo. Andata e ritorno a rilento per via dei lavori. Infiniti. C'è da arrabbiarsi a percorrere in questo modo l'autostrada più cara d'Italia. Come tutti gli automobilisti mi chiedo: ma non si può fare diversamente? La "Sav" (così mi dicono) risponde invariabilmente dall'alto della sua supponenza: -"Sapremo ben noi come fare?". Come dire: non disturbateci! Non disturbate i nostri diritti acquisiti nella "nicchia" delle pavimentazioni e delle manutenzioni! Allora penso alle ultime cose appena scritte e devo ammettere: il cosiddetto "mercato" non risolve tutto. Non sempre premia i più capaci e non cancella i peggiori. Non è un regolatore automatico. Non basta lasciar fare ai privati perché tutto fili liscio. Se poi questi privati, senza curarsi dell'interesse generale di chi li paga, fanno ostinatamente gli affari loro come vogliono, quando e come fa comodo a loro. Anche la pavimentazione non è certo un lavoro da dare ad altri...Perché cedere parte dei guadagni sicuri? Fanno come vogliono. Un comportamento, io credo, lesivo anche degli azionisti di minoranza, tra cui la Regione Valle d'Aosta". Parole come macigni, da parte di chi le cose le capisce. E spiega in poche righe che, dietro la privatizzazione delle autostrade, in Valle come altrove, c'è stato un "pacco". Con un fiocco particolarmente vistoso per i valdostani.