Utilizziamo i cookie per personalizzare i contenuti e analizzare il nostro traffico. Si prega di decidere se si è disposti ad accettare i cookie dal nostro sito Web.
22 ago 2013

A proposito di omofobia

di Luciano Caveri

Ieri parlavo delle fobie: l'ho fatto con degli esempi di vario genere, che fotografano differenti paure, così come si manifestano nelle persone. Esiste un campionario sterminato di possibilità con sintomi di diverso genere e livelli di patologia più o meno gravi. In questo periodo si parla molto di "omofobia". Per capire di cosa si tratti, in termini giuridici, bisogna rifarsi - unico appiglio - ad un testo di una risoluzione del Parlamento europeo del 24 maggio 2012 sulla lotta all'omofobia in Europa. In un punto si definisce il fenomeno come "paura e avversione irrazionali provate nei confronti dell'omosessualità femminile e maschile e di lesbiche, gay, bisessuali e transgender ("Lgbt") sulla base di pregiudizi" e, di conseguenza, si ritiene l'omofobia come "assimilabile al razzismo, alla xenofobia, all'antisemitismo e al sessismo". In altro punto si dice che l'omofobia "si manifesta nella sfera pubblica e privata sotto diverse forme, tra cui incitamento all'odio e istigazione alla discriminazione, scherno e violenza verbale, psicologica e fisica, persecuzioni e uccisioni, discriminazioni a violazione del principio di uguaglianza e limitazione ingiustificata e irragionevole dei diritti, e spesso si cela dietro motivazioni fondate sull’ordine pubblico, sulla libertà religiosa e sul diritto all'obiezione di coscienza". Questo, tra l'altro, nel disegno di legge in discussione avanzata alla Camera dei deputati significa una modifica a due leggi in vigore che si limita ad aggiungere l'omofobia e la "transfobia" a categorie che risultano già protette dalla normativa contro forme di discriminazione e di violenza per ragioni di razza, di origine etnica, di nazionalità e di religione. Intendiamoci subito: ogni discriminazione grande o piccola verso gli orientamenti sessuali personali è grave in una società civile. Si tratta di forme di ignoranza e di oscurantismo, che possono sfociare in odio e violenza ingiustificabili. Ritengo che, per contrastare fatti e rischi, ci sia molto da fare in termini di libertà e di convivenza reciproca. Ciò detto - e penso che non si presti ad equivoci di sorta - il termine omofobia, distaccandosi da un letterale "paura nei confronti degli omosessuali", per la "Treccani" vuol dire: "Avversione preconcetta e incorreggibile verso gli omosessuali e le loro cause". Per lo "Zingarelli", che sostiene che il termine risulta in uso dal 1985: "Avversione per l'omosessualità e gli omosessuali". Trovo che il termine resti assai dubbio nella sua accezione giuridica e immagino che il legislatore lo sappia e demandi di fatto alla futura giurisprudenza la definizione esatta dei confini del reato. Forse sarebbe stato bene fissare paletti e confini per evitare banalizzazioni o strumentalizzazioni. Ma questo - lo dico con dispiacere - capita ogni volta in cui un tema politico delicato, da trattare in termini giuridici per l'incapacità di una società di regolarsi da sola con il buonsenso e la civiltà necessari, diventa un campo di battaglia ideologico, in cui i primi della classe dei rispettivi campi piantano bandierine inamovibili.