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18 ago 2013

Pila e la memoria

di Luciano Caveri

Da Jules Verne ad Aldous Huxley, ma gli autori citati potrebbero essere decine, chi si è occupato di fantascienza ha sempre precorso i tempi: l'ingegno umano ha dimostrato, ogni volta, che anche quelle che ai contemporanei sembrano bizzarrie un giorno potranno trasformarsi in realtà. Ci pensavo ieri, a bordo della telecabina "Aosta-Pila", terza generazione dell'impianto funiviario. La prima ovovia - una "due posti" dalla clamorosa portata oraria per l'epoca grazie al numero fitto di "ovetti" in linea - fu inaugurata nel 1957, dunque non sono per poco un suo coetaneo. Ma l'ho sempre vista in funzione nell'esercizio ventennale delle origini, poi nella versione seguente che coprì meno di un decennio e infine nell'attuale versione, aperta al pubblico nel 2008. Mi piacerebbe che, un giorno, esistesse un'apparecchiatura che potesse riversare le immagini imprigionate nella memoria del nostro cervello e si potesse comparare l'Aosta degli anni Cinquanta e quella attuale con una "Cogne" allora gigantesca e la teleferica che da Plan Praz trasportava nella fabbrica quel materiale ferroso che il trenino portava da Cogne, passando sotto la galleria del Drink. Charvensod era molto più verde e meno costruita, certo più immersa in quel mondo rurale, che è cambiato in profondità. A Les Fleurs ricordo da sempre i ripetitori "Rai", compreso l'altissimo traliccio che serviva per le Onde Medie, che qualche tempo fa è stato spento. Quando oggi arrivo a Pila e getto uno sguardo alla baita dove passai alcune estati da zia Eugénie, non posso non essere investito dalla terribile cementificazione dell'Alpila e di altri speculazioni di molti anni fa. Pila poteva essere Verbier, con una logica di tante belle costruzioni di montagna, e invece è stato il tentativo fallimentare di scimmiottare lo "ski total" di certe grandi stazioni francesi in un intrico di interessi e corruzione che è ormai caduto nell'oblio. Oggi si può dire che aveva ragione chi, come mio zio Séverin Caveri, veniva accusato da politici rampanti dell'epoca «di non capire» e invece lui, che di quella zona conosceva ogni sasso, sapeva bene quel che diceva, perché un bravo politico è sempre visionario, in senso buono! Oggi se potessimo tornare indietro lo sviluppo sarebbe diverso. Quando ero bambino, la piccola cappella di Pesein richiamava i fedeli con i rintocchi argentini di una piccola campana sul minuscolo campanile in pietra, azionata da una catena all'ingresso, che era sovrastato da un affresco di Madonna con bambino. La chiesetta è stata affiancata da una chiesa nuova, consacrata da una dozzina d'anni, che è un segno architettonico moderno, che in sostanza completa - per così dire - il cambiamento dei luoghi, che nella mia memoria - evviva! - sono diversi.