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12 ago 2013

Il rischio Titti...

di Luciano Caveri

Ho passato molto tempo, nei miei incarichi politici, a difendere l'autonomia speciale della Valle d'Aosta, che ormai - nell'ultimo trentennio - si trova fra due fuochi. Uno, tradizionale, è il centralismo romano, abilissimo a trovare sempre nuovi "cavalli di Troia" per smontare il nostro ordinamento. Poi, in modo più sornione, vi è l'altro fuoco: il vasto e invasivo insieme di decisioni dell'Unione europea. A essere onesti ci sarebbe un terzo fuoco, quello di chi svilisce la nostra autonomia dall'interno: è - per usare un termine guerresco - il "fuoco amico", cioè chi dovrebbe far parte del nostro "esercito", ma invece è di fatto con il "nemico". Purtroppo una parte dell'opinione pubblica valdostana ha finito per sentirsi tranquilla, reagendo con lo stesso aplomb del canarino Titti - nei celebri cartoni animati - con la sua famosa frase «Oh, oh! Mi è semblato di vedele un gatto», quando si trova di fronte ai goffi tentativi di Gatto Silvestro di farne un sol boccone.

Questa forma di fiducia, come nella favola per lo sfinimento dell'appello troppo usato di "al lupo, al lupo!", non ha ragione d'essere rispetto all'esistenza o meglio la persistenza di rischi reali. Che siano le "macroregioni", la fine delle "Speciali", il centralismo che si mangia il regionalismo, lo svuotamento con l'arma finanziaria o altri possibili scenari poco conta: la verità è che il gran vocio può creare una forma di abitudine e di sicurezza sul fatto che mai nulla avverrà. Mi è già capitato di scrivere del "Deserto dei Tartari" di Dino Buzzati e della guerra, sempre attesa e mai combattuta, che diventa metafora dell'inutilità. Ma qui bisogna essere seri e vigilanti, perché il flusso della storia valdostana dimostra che i passaggi possono essere lentissimi oppure, per contro, brucianti. In questo caso, la capacità di reazione non è per nulla indifferente, altrimenti "Titti-Valle d'Aosta" potrà fare una brutta fine. Ecco perché non sopporto e trovo nocive logiche difensive basate sull'"aumma aumma" o sulla "Fontina sotto il braccio" (metaforica ma non troppo) per ingraziarsi i potenti di turno. I diritti, specie se di rango costituzionale, non sono una barzelletta o una concessione di un "amico".